neuropatia-uditiva

prof. Mario Mattia

Le malattie uditive

Brevi e semplici descrizioni delle principali malattie che possono colpire il nostro apparato uditivo.
Ci raccomandiamo che queste informazioni siano solo divulgative perchè non possono costituire una base per fare da soli una diagnosi, ma è necessario sempre e comunque rivolgersi al un medico.
La finalità informativa non vuole affatto costituire allarme per nessuno dei lettori.
Per qualsiasi dubbio o consulenza ulteriore siamo inoltre a vostra disposizione tramite e-mail.

Le seguenti note sono tratte dalla letteratura scientifica e da vari siti internet.
L’EUROACUSTICI non può essere ritenuta in alcun modo responsabile dei contenuti espressi in questa pagina ed in quelle collegate.


Argomenti trattati:

IL NEURINOMA DEL NERVO ACUSTICO
NEUROPATIA UDITIVA
LA SINDROME DI MÉNIÈRE
L’OTOSCLEROSI
LA SORDITA’ IMPROVVISA NEUROSENSORIALE
LA SINDROME DI USHER
LA SINDROME DI WAARDENBURG
IL DISORDINE NELLA PROCESSAZIONE UDITIVA NEL BAMBINO (DPU)
OTITI
I TEST UDITIVI
ACUFENI o TINNITUS
RECRUITMENT ED IPERACUSIA
IL TRATTAMENTO DELL’IPERSENSIBILITA’ UDITIVA
GLI AUSILI O LE PROTESI ACUSTICHE
L’IMPIANTO COCLEARE
LE VERTIGINI
La Sindrome di Lermoàez
La Sindrome di Neri-Barre-Lieou
L’ARTICOLAZIONE TEMPORO MANDIBOLARE (ATM)
La Classificazione delle ipoacusie
I TIPI ED I LIVELLI DI SORDITA’
LE MALATTIE DELL’ORECCHIO ESTERNO
Disturbo e STRESS
Rumore, Musica e STRESS
Farmaci Ototossici
Antiossidanti


IL NEURINOMA DEL NERVO ACUSTICO

Che cos’è

è un tumore benigno di solito a crescita lenta che si sviluppa sul nervo acustico nell’orecchio interno.
Il tumore è causato da una iperproduzione delle cellule di Schwann, le cellule che normalmente avvolgono le fibre del nervo come una sfoglia di cipolla e aiutano a sostenere e isolare il nervo.
Quando cresce, il neurinoma causa una compressione del nervo acustico e dell’equilibrio determinando perdita uditiva monolaterale o asimmetrica, acufeni, perdita di equilibrio.
Crescendo può interferire con il nervo trigemino causando perdita della sensibilità del viso.
Può inoltre comprimere il nervo facciale (che comanda i muscoli del viso) causando una paresi o paralisi dal lato del tumore.
Se il tumore diventa troppo grande può comprimere le vicine strutture nervose centrali (come il cervelletto e il tronco cerebrale) mettendo in pericolo la vita del soggetto.

Come si diagnostica

La chiave per la prevenzioni delle più gravi conseguenze del neurinoma dell’acustico è la diagnosi precoce.
Una perdita di udito monolaterale o asimmetrica, acufeni, perdita di equilibrio o vertigini sono dei segni precoci di questo tumore.
Sfortunatamente la diagnosi precoce è a volte difficile in quanto i sintomi possono essere subdoli e non apparire al suo stadio iniziale.
Inoltre la sordità, l’acufene e le vertigini sono sintomi comuni ad altre problematiche dell’orecchio medio o interno (il punto importante è la caratteristica di asimmetria o monolateralità della sordità).
Una volta che appaiono i sintomi per una diagnosi corretta è necessaria la visita audiologica completa di esami strumentali (esame audiometrico e impedenzometrico) ma l’esame per la diagnosi certa è la TAC o RMN con contrasto o la PET, esami che riescono a localizzare il tumore per pianificare la sua rimozione chirurgica.

Come viene trattato?

Ci sono 3 opzioni per trattare il neurinoma: la rimozione chirurgica, l’irradiazione e il monitoraggio.

Tipicamente il tumore viene rimosso chirurgicamente.
L’esatto tipo di operazione fatta dipende dalla grandezza e dal livello uditivo dell’orecchio coinvolto.
Se il tumore è molto piccolo l’udito può essere conservato e i sintomi che lo accompagnano possono migliorare.
Quando il tumore diventa più grande l’intervento chirurgico diviene più complicato in quanto il tumore può aver danneggiato i nervi che controllano i muscoli del viso, l’udito e l’equilibrio e può aver implicato anche le strutture centrali.

La rimozione del neurinoma che coinvolge l’udito, l’equilibrio e i nervi facciali può far peggiorare i sintomi del paziente in quanto parti di questi nervi possono essere rimosse durante l’intervento insieme al tumore.

In alternativa alla tecnica chirurgica tradizionale si può utilizzare la radiochirurgia per ridurre le dimensioni o limitare la crescita del tumore.
Si preferisce a volte la radioterapia in soggetti anziani, con uno stato di salute compromesso, con neurinoma bilaterale o in pazienti in cui il tumore ha toccato solo l’udito.

In molti casi, usualmente anziani o con stato di salute precario, può essere ragionevole “controllare” la crescita del tumore nel tempo.
Il monitoraggio viene effettuato mediante periodiche RMN.

Qual è la differenza tra neurinoma mono o bilaterale

Il neurinoma monolaterale colpisce un solo orecchio.
Costituisce circa l’8% dei tumori del cranio.
I sintomi possono apparire a tutte le età ma di solito compaiono tra i 30 e i 60 anni.
Non è di natura ereditaria.

Il neurinoma bilaterale coinvolge entrambi gli orecchi ed è di natura ereditaria.
Compare in soggetti con un disordine genetico chiamato NeuroFibromatosi di tipo 2 (NF2).
Gli individui affetti hanno un 50% di probabilità di trasmettere questa malattia ai loro figli.
A differenza del neurinoma monolaterale i sintomi compaiono durante l’adolescenza o comunque in giovane età.
I soggetti affetti da NF2 sviluppano inoltre tumori del midollo spinale o del cervello.
Possono inoltre sviluppare tumori dei principali nervi che comandano la deglutizione, il linguaggio, la sensibilità e i movimenti facciali.
Decidere quale trattamento sia migliore è decisamente complicato rispetto al tumore monolaterale.
Sono necessarie ulteriori ricerche per determinare quale sia il trattamento migliore per i soggetti affetti da NF2.

I ricercatori credono che sia il neurinoma monolaterale che quello bilaterale si formino in seguito alla perdita di funzione di un gene sul cromosoma 22. (Un gene è una piccola porzione di DNA responsabile di una particolare caratteristica come il colore dei capelli o la tonalità della pelle).
I ricercatori credono che questo particolare gene sul cromosoma 22 produca una proteina che controlla la crescita delle cellule di Schwann.
Quando questo gene funziona male la crescita delle cellule di Schwann avviene senza controllo causando il tumore.
Inoltre i ricercatori credono che questo gene aiuti il controllo della crescita di altri tipi di tumore.

Cosa si sta facendo per il neurinoma dell’acustico?

I ricercatori stanno lavorando per capire meglio come funzioni il gene in modo da iniziare a sviluppare una terapia genica per controllare la iperproduzione di cellule di Schwann.
Inoltre conoscere di più il modo in cui il gene controlli la crescita delle cellule di Schwann può aiutare a prevenire altri tumori cerebrali.

NEUROPATIA UDITIVA

Cos’è la neuropatia

È un disordine uditivo nel quale i suoni entrano normalmente nell’orecchio interno ma la trasmissione del segnale dall’orecchio interno al cervello è compromessa.
Può colpire soggetti di ogni età.
Non si conosce il numero delle persone affette ma tale condizione colpisce una percentuale relativamente piccola di soggetti ipoacusici.

Le persone affette da neuropatia uditiva possono avere un udito normale o una perdita uditiva che va dal grado lieve a severo; hanno sempre una diminuita abilità a percepire il linguaggio.
Spesso la percezione del linguaggio è peggiore rispetto a quello che ci aspetterebbe dal grado di ipoacusia.
Per esempio una persona con neuropatia uditiva può essere in grado di percepire i suoni ma può avere difficoltà a riconoscere le parole.

Quali sono le cause di neuropatia?

Nonostante la neuropatia non sia completamente compresa, i ricercatori credono che ci sia più di una causa.
In molti casi, ci può essere un danno alle cellule ciliate interne, cellule nervose specializzate dell’orecchio interno che trasmettono informazione su suoni attraverso il sistema nervoso al cervello.
Altre cause possono includere connessioni difettose tra le cellule ciliate esterne e il nervo o il nervo stesso.
In molti casi può essere presente una combinazione di questi problemi.
Nonostante le cellule ciliate esterne, cellule ciliate adiacenti e più numerose delle interne, siano quelle più vulnerabili delle interne, in caso di neuropatia funzionano normalmente.

Qual è il ruolo delle cellule ciliate esterne e delle interne?

Le cellule ciliate esterne amplificano le vibrazioni sonore che entrano nell’orecchio interno tramite l’orecchio medio.
Quando l’udito funziona correttamente le cellule ciliate interne trasformano le vibrazioni in segnali elettrici che viaggiano come impulsi nervosi verso il cervello dove gli impulsi sono interpretati come suono.
Il segnale nervoso torna verso la coclea (organo del Corti) per adeguarne l’amplificazione con un processo di biocibernetica: la regolazione di guadagno automatico permette l’incredibile dinamica dell’orecchio che può percepire segnali acustici da zero a centoventi decibel.

Ci sono fattori di rischio per la neuropatia uditiva?

Numerosi sono i fattori di rischio di neuropatia specialmente nei bambini.
Comunque una chiara relazione causa/effetto non è stata provata.
Molti bambini che hanno ricevuto la diagnosi di neuropatia uditiva hanno avuto determinati problemi durante o appena dopo la nascita.
Questi problemi includono l’ittero, la prematurità, il basso peso alla nascita, ipossia.
Inoltre alcuni farmaci assunti dalla madre durante la gravidanza o in età neonatale possono danneggiare le cellule ciliate interne creando una neuropatia.

La neuropatia può essere ricorrente in determinate famiglie, cosa che suggerisce l’ipotesi ereditaria.
Molte persone con neuropatia hanno problemi neurologici associati.
Ad esempio malattie come la Sindrome Charcot-Marie-Tooth e l’atassia di Friedreich.

Come si fa la diagnosi di neuropatia uditiva?

Per una diagnosi corretta è necessario eseguire l’esame dei potenziali uditivi (ABR), e le emissioni otoacustiche (OAE).
La caratteristica della neuropatia è un ABR alterato e OAE normali.
Le OAE normali indicano un corretto funzionamento delle cellule ciliate esterne.

L’ABR registra l’attività del nervo acustico in risposta a stimoli sonori mediante l’uso di elettrodi posizionati sulla testa e agli orecchi del soggetto.
Per eseguire le OAE invece si usa un microfono molto sensibile posizionato nell’orecchio che registra i lievissimi suoni prodotti dalle cellule ciliate esterne in risposta ad una stimolazione creata con brevi click.
Sia l’ABR che le OAE non sono invasive e non sono affatto dolorosi e possono essere usati anche nel neonato e nel bambino con estrema facilità.
Possono essere usati anche altri test come parte di una più ampia panoramica delle abilità di comprensione del linguaggio del soggetto e della sua capacità uditiva.

La neuropatia peggiora o migliora nel tempo?

Alcuni bambini con neuropatia alla nascita hanno migliorato e iniziato a sentire e parlare in uno o due anni.
Altri bambini sono rimasti stabili, mentre alcuni hanno subito un peggioramento e mostrato segnali di diminuzione di funzionalità anche delle cellule ciliate esterne.
Nell’adulto con neuropatia, l’udito può restare stabile, fluttuare, peggiorare progressivamente, a seconda dei fattori di base.

Quali trattamenti, strumenti o altri approcci possono aiutare le persone con neuropatia a comunicare?

I ricercatori stanno cercando una terapia specifica per la neuropatia.
Nel frattempo i professionisti nel campo dell’udito hanno differenti opinioni sul potenziale beneficio fornito da protesi acustiche, impianti cocleari o altre tecnologie.
Comunque non sono attualmente disponibili test che aiutino a determinare il trattamento migliore.

Quali sono le ricerche in corso?

I ricercatori stanno lavorando per capire le cause di neuropatia e cercando i geni che possono essere coinvolti.
Stanno inoltre continuando a investigare su quale delle strategie (impianto cocleare o protesi acustica) possa essere potenzialmente più utile.

LA SINDROME DI MÉNIÈRE

(Sordità, vertigini ed acufeni)

È una malattia dell’orecchio interno, causa comune di sordità.
I sintomi includono vertigini, acufeni, perdita uditiva fluttuante, ovattamento auricolare.

Quale ne è la causa?

I sintomi della malattia di Ménière sono associati ad un cambiamento di volume del liquido presente nell’orecchio interno (idrope).
L’aumento dei liquidi causa un aumento di pressione con gonfiore.
Gli esperti credono che questo gonfiore causi una rottura delle membrane dell’orecchio interno che provoca una mescolanza dei fluidi.
Il fatto che questi fluidi si mescolino può causare i sintomi della malattia.

Un’altra possibile causa include quelli che vengono chiamati “fattori ambientali”, come il rumore, infezioni virali e fattori biologici.

Cosa può fare il medico specialista?

Per la diagnosi di malattia di Ménière i medici useranno numerose procedure:

” raccolta della storia e visita anasmetica
” esami dell’udito e dell’equilibrio, analisi strumentali (ENG + videonistagmoscopia + Test al glicerolo) in Centri di Audiovestibologia
” risonanza magnetica

Il trattamento

Non esistono cure specifiche risolutive per la Sindrome di Ménière ma il medico specialista può consigliare metodi di controllo dei suoi sintomi attraverso dei farmaci ed una dieta iposodica.
Al 95 % dei casi la malattia si cura farmacologicamente.

Per i pazienti con vertigini persistenti e gravemente disabilitanti viene a volte consigliata la chirurgia.

L’OTOSCLEROSI

Malattia prevalentemente dell’orecchio medio, viene riferita una prevalenza del 0.2-1% nella popolazione adulta.
L’età media di insorgenza è tra i 30 e i 40 anni e il 90% delle persone affette sono sotto i 50 anni di età nel momento della diagnosi.
Viene caratterizzata da perdita uditiva di tipo trasmissivo quando il focolaio otosclerotico invade la finestra ovale e interferisce con il movimento stapediale.
La microchirurgia stapediale è altamente soddisfacente nel ripristino della conduzione ossiculare e può migliorare la soglia uditiva.
Sono state descritte famiglie con otosclerosi a trasmissione autosomica dominante ma in molti pazienti l’eziologia della malattia è sconosciuta.

Consiste in una anormale crescita di un ossicino dell’orecchio interno (di solito la staffa) che impedisce la corretta trasmissione del suono e causa perdita uditiva.

Perché l’otosclerosi provoca sordità?

L’otosclerosi può provocare due tipi di sordità in base a quale struttura dell’orecchio viene colpita.
Di solito colpisce l’ultimo ossicino della catena ossiculare, la staffa che si fissa a livello dell’entrata dell’orecchio interno (la finestra ovale).
Questa anormale fissità interferisce col passaggio dei suoni dall’orecchio medio a quello interno.

L’otosclerosi provoca una perdita uditiva chiamata trasmissiva, che non coinvolge quindi le strutture dell’orecchio interno.
Più raramente causa una perdita neurosensoriale danneggiando quindi le strutture dell’orecchio interno.

Qual è la causa?

Le cause dell’otosclerosi non sono del tutto conosciute, comunque i ricercatori hanno dimostrato la sua caratteristica ereditaria.
In media una persona che ha un genitore con l’otosclerosi ha un 25% di probabilità di svilupparla.
Se entrambi i genitori ne sono affetti il rischio sale al 50%.
Le ricerche hanno inoltre dimostrato che i soggetti più a rischio sono le donne.

Alcune ricerche suggeriscono una relazione tra l’otosclerosi e i cambiamenti ormonali associati alla gravidanza.
Mentre la causa esatta rimane sconosciuta ci sono delle evidenze tra otosclerosi e infezioni virali (come il morbillo).

Quali sono i sintomi?

Il sintomo più frequente è la ipoacusia.
La perdita di udito può essere molto graduale, e coinvolgere le basse frequenze.

Oltre alla perdita uditiva alcune persone affette da otosclerosi riportano alterazioni dell’equilibrio ed acufeni.

Come avviene la diagnosi?

Per una corretta diagnosi di otosclerosi è necessaria la visita audiologica o otorinolaringoiatria approfondita dai test strumentali in particolare l’audiometria e l’impedenzometria.

In cosa consiste il trattamento?

In molti casi è necessario l’intervento chirurgico.
Anche per l’otosclerosi è importante la diagnosi precoce.
L’intervento che può dare risultati brillanti al fine del recupero della funzionalità uditiva, deve essere eseguito in una fase iniziale dell’evoluzione della malattia, fase che può essere identificata mediante gli esami strumentali audiologici.

Quali ricerche si stanno svolgendo per l’otosclerosi?

I ricercatori stanno cercando di capire meglio questa patologia.
Stanno continuando studi genetici al fine di identificare il gene o i geni implicati.
Altre ricerche stanno studiando l’efficacia della chirurgia tramite laser, le diverse tecniche chirurgiche e quelle diagnostiche.

LA SORDITA’ IMPROVVISA NEUROSENSORIALE

Descrizione

La sordità improvvisa neurosensoriale è una rapidissima perdita di udito che compare improvvisamente o al massimo in tre giorni.
Può essere considerata una emergenza medica.
La persona che avverte i sintomi della sordità improvvisa deve immediatamente recarsi da un medico.

Il medico può determinare se è davvero in corso questa eventualità sottoponendo il soggetto ad una normale audiometria.
Se si evidenzia una perdita uditiva di almeno 30 dB su tre frequenze adiacenti si può fare la diagnosi di sordità improvvisa.
Il decibel è la misura del suono.
La frequenza è un altro modo di misurazione del suono.
La frequenza misura le onde sonore e aiuta a determinare la differenza tra un suono e un altro.

Su 10 casi di sordità improvvisa 9 sono monolaterali.
Molti soggetti riferiscono di averne sentito i sintomi al risveglio.
Altri riferiscono di essersene accorti durante l’uso del telefono.
Altri ancora riferiscono di aver sentito un rumore tipo “pop” appena prima della comparsa della sordità improvvisa.

Spesso i soggetti riferiscono vertigini e/o acufeni contemporanei alla comparsa della sordità.

Alcuni pazienti recuperano completamente l’udito senza l’intervento medico, spontaneamente spesso nei 3 giorni successivi alla comparsa.
Questo viene chiamato recupero spontaneo.
Altri migliorano più lentamente in 2 o 3 settimane.
Nonostante sia verosimile un recupero da buono a eccellente, il 15% dei soggetti colpiti riferiscono un peggioramento della perdita uditiva nel tempo.

Negli USA ogni anno si verificano circa 4.000 casi di sordità improvvisa.
Può colpire chiunque, ma per ragioni sconosciute succede più spesso a persone di età compresa tra i 30 e i 60 anni.

Cause e diagnosi

Forse ci sono più di 100 possibili cause di sordità improvvisa, è raro che una specifica causa possa essere determinata.
Solo il 10-15% dei soggetti può far riferimento ad una causa specifica.
Normalmente la diagnosi si basa sulla storia medica del paziente.
Le possibili cause includono infezioni, traumi cranici, disordini immunitari (ad esempio la Sindrome di Cogan), cause tossiche, farmaci ototossici, problemi circolatori, cause neurologiche (ad es. sclerosi multipla), relazioni con malattie tipo la Sindrome di Ménière.

Trattamento

Per un buon esito è necessaria la diagnosi precoce e l’intervento medico immediato.
Vengono proposti numerosi trattamenti ma i ricercatori non sono ancora certi quale sia il migliore.
Se viene identificata una causa specifica il medico può prescrivere antibiotici o consigliare di interrompere farmaci che possono danneggiare e irritare l’orecchio.
In presenza di un problema vascolare può essere utile la “camera iperbarica” per ossigenare l’apparato uditivo.

Il trattamento più comune è a base di steroidi.
Essi vengono usati in molte diverse malattie e tendono a ridurre l’infiammazione, il gonfiore ed aiutano il corpo a combattere la malattia.
Il trattamento con steroidi aiuta alcuni pazienti con problematiche del sistema immunitario, cioè quel sistema che aiuta il corpo a combattere le malattie.

Un altro comune metodo che può aiutare è la dieta povera di sali (cloruro di sodio o sale da cucina).
I ricercatori credono che questo metodo aiuti le persone affette da ipoacusia improvvisa e che hanno anche la sindrome di Ménière.

Ricerche

Due fattori che aiutano la corretta funzionalità uditiva sono la circolazione e l’areazione dell’orecchio.
Molti ricercatori pensano che la sordità improvvisa avvenga quando parti importanti dell’apparato uditivo non ricevono abbastanza ossigeno.
Un trattamento comune per questa causa possibile consiste infatti nel carbogeno.
Esso consiste in una mistura tra ossigeno e biossido di carbonio che sembra aiutare l’aria e il sangue a scorrere meglio all’interno dell’orecchio.
Come la terapia di steroidi anche quella con il carbogeno non aiuta sempre i pazienti, ma molti di coloro che l’hanno seguita hanno recuperato l’udito nel tempo.

LA SINDROME DI USHER

Cos’è?

E’ una malattia che colpisce sia l’udito che la vista.
Per sindrome di intende proprio una malattia che presenta più di un sintomo.
I sintomi prevalenti sono la sordità e la retinite pigmentosa, una malattia dell’occhio che provoca un peggioramento della vista nel tempo.
Alcuni soggetti con Sindrome di Usher presentano anche problemi di equilibrio.
Nonostante la sindrome sia stata descritta la prima volta da Albrecht Von Graefe nel 1858, ha preso il nome da Charles Usher, un oculista britannico che credette che la malattia avesse unatrasmissione ereditaria.

Chi viene colpito da Sindrome di Usher?

Approssimativamente dal 3 al 6% dei bambini sordi hanno la sindrome di Usher.
Negli USA circa 4 nati su 100.000 hanno la Sindrome di Usher.

Quali sono le cause?

La Sindrome viene trasmessa da genitori a figli mediante i geni.
I geni sono presenti in ogni cellula del corpo eccetto che nei globuli rossi che non hanno un nucleo.
I geni contengono le istruzioni che dicono ad ogni cellula cosa deve fare.
Alcuni geni contengono tratti specifici tipo il colore degli occhi.
Altri ancora determinano come deve funzionare una certa parte del corpo. Ogni persona eredita due copie di ogni gene una da ciascun genitore.

A volte i geni sono alterati o mutano.
I geni mutati possono provocare che una cellula funzioni diversamente da come ci si aspetti.
I geni della Sindrome di Usher sono autosomici recessivi, un termine che significa che : 1) i geni della Usher sono localizzati su cromosomi diversi da quelli sessuali e 2) entrambi i genitori devono contribuire.
Usualmente i genitori non sono a conoscenza di avere un gene Usher in quanto dovrebbero avere due geni mutati per mostrare i segni della Usher.
Sono stati trovati numerosi geni che provocano vari tipi di Sindrome di Usher.

Quali sono i tipi di Usher?

Sono 3: La Sindrome di Usher di tipo 1 (USH1), di tipo 2 (USH2) e di tipo 3 (USH3).
I più comuni sono la USH 1 e la USH2.
Esse sostituiscono insieme il 95% dei casi di Usher.

Quali sono le caratteristiche dei tre tipi di Usher?

I soggetti con USH1 presentano sordità profonda alla nascita e gravi problemi di equilibrio.
Molti di questi soggetti ottengono pochissimi benefici dall’uso della protesi acustica.
Molti usano il linguaggio dei segni come principale mezzo di comunicazione.
A causa dei problemi di equilibrio tardano a ottenere la posizione seduta senza appoggio e raramente imparano a camminare prima dei 18 mesi.
Questi bambini usualmente iniziano a manifestare problemi di vista prima dei 10 anni.
I problemi di vista molto spesso iniziano con la difficoltà a vedere al buio ma tendono a peggiorare progressivamente e rapidamente fino ad arrivare alla completa cecità.

I soggetti con USH2 nascono con una sordità da moderata a grave e senza problemi di equilibrio.
Nonostante la gravità della sordità sia variabile, molti di questi soggetti trovano ampio beneficio dall’uso di apparecchi acustici e apprendono il linguaggio orale.
I problemi di vista tendono ad essere più lenti rispetto al tipo USH1.
Il tipo USH2 è caratterizzato da macchie scure nel campo visivo che appaiono appena dopo l’adolescenza.
Quando una persona perde la vista anche la sua abilità a leggere sulle labbra viene persa.

I bambini nati con USH3 hanno alla nascita udito normale o quasi normale e assenza di problemi di equilibrio.
L’udito peggiora nel tempo.
Comunque la velocità di deterioramento della vista e dell’udito variano da soggetto a soggetto e spesso anche nella stessa famiglia.
I bambini sviluppano evidenti problemi di udito nell’adolescenza e usualmente diventano sordi in età avanzata.
La cecità notturna usualmente inizia durante la pubertà o nella giovane età.
Verso i 50 anni usualmente i soggetti diventano ciechi.

Come avviene la diagnosi?

La sordità e la retinite pigmentosa raramente si trovano associate.
Quindi la maggior parte delle persone che presentano entrambi i sintomi probabilmente hanno la Sindrome di Usher.
Ci sono test speciali, come l’elettronistagmografia (ENG) per individuare i problemi di equilibrio e l’elettroretinografia per evidenziare la retinite pigmentosa, che aiutano il medico a diagnosticare la Sindrome precocemente.
La diagnosi precoce è importante per iniziare un programma di allenamento speciale al fine di aiutare il soggetto a convivere con i problemi di udito e di vista.

Qual è il trattamento?

Attualmente non ci sono cure per la Sindrome di Usher.
Il miglior trattamento consiste nella individuazione precoce per iniziare un programma educativo specifico.
Il tipo di programma varia in base alla gravità dei sintomi, all’età ed abilità del soggetto.
Tipicamente i soggetti traggono beneficio dall’uso di protesi acustiche, strumenti che facilitano l’ascolto; allenamento sull’orientamento e la mobilità; allenamento sulla capacità di autonomia come i servizi per ipovedenti, il sistema Braille.

La ricerca

I ricercatori stanno attualmente cercando di localizzare i geni che causano la Sindrome e identificando la funzione di questi geni.
Questa ricerca porterà al miglioramento della consulenza genetica e della diagnosi precoce.

Inoltre i ricercatori stanno sviluppando esperimenti su animali che hanno le stesse caratteristiche degli umani con vari tipi di Usher.
Il modello animale renderà più facile determinare la funzione dei vari geni coinvolti.
La ricerca sta anche cercando di rendere più precoce possibile l’individuazione della malattia nei bambini.
Si stanno inoltre approfondendo strategie come l’impianto cocleare per la sordità profonda e strategie di intervento che possano alleviare la retinite pigmentosa.

Quali sono le ultime novità della ricerca?

Attualmente sono stati identificati 12 loci che causano la Sindrome di Usher.
Il locus è un piccolo segmento di cromosoma nel quale uno o più geni sono collocati.
Sono state identificati i geni e le proteine per 7 dei 12 loci.
I geni che causano la Sindrome di Usher sono MY07A, USH1C, CDH23, PCDH15 e SANS che portano la USH1; USH2A, che causa la USH2; e USH3A che causa la USH3.
Le proteine risultanti che i geni codificano aiutano il funzionamento delle cellule della retina, la parte dell’occhio che riceve le immagini degli oggetti, e della coclea.

Nell’aprile del 2003 un gruppo di ricercatori statunitensi in collaborazione con altri gruppi di Tel Aviv in Israele hanno individuato una mutazione chiamata R245X del gene PCDH15 che influisce nella larga maggioranza dei casi di USH1 nella corrente popolazione ebrea Ashkenazi (il termine indica la popolazione ebrea che origina dall’Est europeo).
In seguito a questi rilievi, i ricercatori hanno concluso che i bambini di quella popolazione con perdita uditiva bilaterale profonda in assenza di un’altra mutazione che causa sordità devono essere analizzati per la mutazione R245X.
Se viene identificata una USH1 prima che il bambino perda definitivamente la vista possono essere attuati tutti i programmi di intervento che possano aumentare la capacità del bambino di comunicare e partecipare alla vita sociale.

LA SINDROME DI WAARDENBURG (SW)

È una malattia ereditaria spesso caratterizzata da vari livelli di sordità e cambiamenti nella pelle e nella pigmentazione dei capelli.
La sindrome prende il nome da un oculista tedesco Peter Johannes Waardenburg che per primo riportò che soggetti con occhi diversamente colorati spesso riportavano ipoacusia.
Condusse il proprio studio su un migliaio di soggetti appartenenti a famiglie di sordi e trovò che alcuni di essi avevano specifiche caratteristiche fisiche in comune.

Una delle caratteristiche più comuni è il diverso colore di un occhio rispetto all’altro.
Un occhio è di solito blu e l’altro marrone.
A volte un occhio ha due diversi colori.
Altri soggetti possono presentare occhi di un blu caratteristico, molto brillante.

Le persone con la SW possono inoltre presentare una colorazione di capelli particolare, come una ciocca di capelli bianchi o capelli brizzolati in età precoce, intorno ai 12 anni.
Altre caratteristiche fisiche comprendono un aumentato spazio tra gli angoli interni degli occhi.
Possono inoltre avere le sopracciglia unite ed una attaccatura dei capelli frontale molto bassa.
Il livello di ipoacusia può variare da moderato a profondo.

I soggetti con SW possono presentare tutte o parte delle caratteristiche distintive.
Per esempio una persona può avere la ciocca bianca e non avere ipoacusia.
Altri possono avere macchie bianche sulla pelle e sordità profonda.
La gravità della sordità varia tra soggetti così come la pelle e i capelli.

Raramente la SW si associa con altre condizioni presenti alla nascita come disordini intestinali, spinali e delle scapole.
Può associarsi schisi palatina e/o labbro leporino.

Tipologie di SW

Ci sono almeno 4 tipi di sindrome di Waardenburg.
I tipi più comuni vengono definiti dai ricercatori tipo 1 e tipo 2.
Le tipologie sono determinate dalle caratteristiche fisiche.
Le persone che hanno una distanza aumentata tra gli angoli interni degli occhi vengono definite di tipo 1.
In questo caso la perdita uditiva è presente in circa il 20% dei soggetti.
I soggetti che hanno le altre caratteristiche descritte dalla sindrome ma mancano di questa vengono classificate di tipo 2.
Circa il 50% di questi soggetti ha perdita uditiva anche molto grave.

Cause

Essendo un disordine genetico la SW viene trasmessa dai genitori ai figli.
In quanto di forma dominante basta un solo genitore con il gene SW malfunzionante perché lo erediti il figlio.
Un genitore con questa sindrome ha il 50% di probabilità di passarla al figlio.

Ricerca

I ricercatori hanno individuato e localizzato 4 diversi geni per la SW: PAX3 (tipo 1 e 3), MITF (tipo 2), EDNRB e EDN3 (tipo 4).
Si hanno informazioni sui geni PAX3 e MITF mentre sugli altri geni le ricerche sono in corso.

Il gene PAX3 è collocato sul cromosoma 2 e controlla vari aspetti dello sviluppo della faccia e dell’orecchio interno.
Il gene PITF si trova sul cromosoma 3 ed anche questo controlla lo sviluppo dell’orecchio e dell’udito.
I ricercatori stanno ora studiando questi geni per capire meglio come questi lavorino nel controllo della crescita normale dell’orecchio e nello sviluppo dell’udito.
Queste informazioni aiuteranno i ricercatori a capire perché una persona con SW a volte sviluppi problemi di udito.

IL DISORDINE NELLA PROCESSAZIONE UDITIVA NEL BAMBINO (DPU)

Cosa significa?

Cos’è la processazione uditiva?

È un termine utilizzato per descrivere quello che avviene quando il cervello riconosce e interpreta i suoni intorno a noi.
L’udito umano sente quando l’energia che noi riconosciamo come suono viaggia attraverso l’orecchio e viene trasformata in informazione elettrica che può essere interpretata dal cervello.
Il “disordine” significa che qualcosa sta alterando la processazione delle informazioni.

I bambini con DPU spesso non riconoscono le sottili differenze tra i suoni nelle parole, anche se questi suoni risultano loro chiari e forti.
Per esempio la richiesta “indicami la palla” può suonare ad un bambino con DPU come “indicami la bolla”.
Questi tipi di problemi avvengono per esempio quando l’ascolto avviene in luogo rumoroso o mentre il bambino ascolta una informazione complessa.

Il DPU può essere chiamato anche sordità centrale, disfunzione uditiva centrale oppure “sordità verbale”.

Quali sono le cause?

Non siamo sicuri.
La comunicazione umana si basa sull’acquisizione di informazioni complicate dal mondo esterno tramite i sensi, come l’udito e sull’interpretazione di queste informazioni in modo significativo.
Inoltre essa richiede certe abilità centrali come l’attenzione e la memoria.
I ricercatori ancora non hanno esattamente capito come tutti questi processi avvengano e come interagiscano e come malfunzionino in caso di disturbi della comunicazione.
Mattia ritiene che siano collegati ai processi di memoria e di filtro localizzati nella zona limbica del cervello.
Anche se questi bambini sembra che sentano normalmente possono avere difficoltà a usare i suoni per la comunicazione e il linguaggio.

Le cause di DPU sono spesso sconosciute.
Nei bambini il DPU può essere associato ad autismo, deficit dell’attenzione, dislessia, disturbo specifico del linguaggio, ritardo di sviluppo globale, ritardo mentale.

Quali sono i sintomi?

Di solito i bambini con DPU hanno intelligenza e udito normali.
Comunque possono presentare:

– problemi a prestare attenzione e a ricordare le informazioni date oralmente
– problemi a compiere ordini complessi
– povertà di linguaggio
– bisogno di più tempo per processare l’informazione
– basse capacità accademiche
– problemi di comportamento
– problemi di linguaggio (confondono sequenze di sillabe, problemi a sviluppare il vocabolario e a comprendere il linguaggio)
– difficoltà di lettura, di comprensione, di spelling e di vocabolario.

Come avviene la diagnosi?

I genitori o le insegnanti possono essere le prime persone a notare i sintomi del DPU.
È importante procedere per prima cosa ad una valutazione audiologica per escludere una possibile sordità ma soprattutto per effettuare una audiometria vocale con parole e frasi.
Mediante questo esame si può iniziare a diagnosticare un DPU.
È necessaria la valutazione del linguaggio rivolgendosi ad un logopedista e inoltre anche l’aiuto di uno psicologo per i problemi comportamentali se presenti.

Ricerche

Negli ultimi anni i ricercatori hanno sviluppato nuovi modi per studiare il cervello umano mediante immagini.
Lo studio del cervello per immagini permette di controllare l’attività cerebrale senza bisogno di chirurgia.
Molti di questi studi sono orientati a capire meglio l’attività uditiva e i suoi disordini.
Esse forniscono la visione di un processo in modo obiettivo e misurabile.
Molti dei sintomi descritti propri del DPU vengono descritti differentemente dai soggetti.

La tecnica per immagini aiuterà a localizzare l’origine di questi sintomi.
Altri ricercatori stanno studiando il sistema uditivo centrale.
I neuroscienziati cognitivisti sanno aiutando a descrivere come funzionano i processi che mediano il riconoscimento dei suoni e della comprensione sia in un sistema normale che alterato.

Lo studio delle aree metaboliche analizzate attraverso la PET ci offre oggi uno strumento di analisi estremamente potente ed in fase di sviluppo.

Le ricerche nell’ambito della riabilitazione dei disturbi del linguaggio continua.
Le strategie di riabilitazione devono essere specifiche per ogni caso e la loro efficacia deve essere continuamente monitorata.

Quali trattamenti sono possibili?

Sono possibili numerose strategie per aiutare i bambini con DPU.

– allenatori acustici: sono degli strumenti elettronici che permettono ad una persona di focalizzare l’attenzione solo su chi sta parlando diminuendo l’interferenza prodotta dai suoni di sottofondo.
Vengono spesso utilizzati nelle classi, dove l’insegnante indossa un microfono che trasmette i suoni al bambino che indossa un ricevitore.
Anche i bambini che portano protesi acustiche possono usarlo.
– Ottimizzazione dell’ambiente: per esempio dell’acustica della classe, di come è posizionato e dove siede il bambino.
– Esercizi per il miglioramento della capacità di costruire il linguaggio possono aumentare l’abilità ad apprendere nuove parole e arricchire il linguaggio di base.
– Potenziamento della memoria uditiva

Cosa fare se gli esami del tuo bambino indicano un possibile disturbo uditivo

Molti genitori attendono con ansia le prime parole del bambino.
Ma è ancora più importante sapere se il proprio bambino sente bene.
Negli USA circa 2-3 bambini su 1000 nascono con sordità.
Sfortunatamente molti di questi bambini non sono diagnosticati prima dei 2 anni.
Questo è un periodo critico per l’apprendimento del linguaggio, è il periodo cioè in cui il linguaggio ha il suo massimo sviluppo.
Un buon udito è alla base di un corretto apprendimento del linguaggio è quindi importante sottoporre il bambino il prima possibile ad esami che ne testino l’integrità.
Oggi è possibile già a 2-3 giorni di vita effettuare il test delle Emissioni Otoacustiche che valutano l’integrità dell’orecchio interno.
Se il bambino risulta positivo si procede ad altri test (ad es. esame dei potenziali uditivi – ABR) e a successivi re-test in tempo relativamente breve per arrivare alla diagnosi corretta.

In questo modo si può arrivare a sapere se il bambino è affetto da sordità molto prima dell’anno di vita, il che significa che si possono offrire enormi chanches in più per un corretto apprendimento del linguaggio.
Una diagnosi precoce è la chiave di volta per la educazione del bambino ipoacusico che riuscirà ad ottenere gli apprendimenti comunicativi, scolastici e sociali nei tempi e nei modi più vicini al modello normale.

Dopo la diagnosi i genitori potranno avvalersi dell’aiuto di personale specializzato, logopedista e audioprotesista, che produrranno in prima persona ma indicheranno anche a chi interagisce più spesso con il bambino, le procedure migliori di stimolazione e educazione ad un corretto aiuto sia dell’ausilio uditivo (protesi acustiche) che delle modalità comunicative.

OTITE MEDIA CATARRALE CRONICA

L’otite media catarrale cronica, the spesso assume i caratteri di otite “fibro-adesiva” o di otite “timpanosclerotica” non determina quasi mai perforazione della Membrana Timpanica, ma si caratterizza per la presenza nella cassa di essudato non suppurativo e di trasudato che con la successiva organizzazione si trasforma in buona parte in tessuto fibroconnettivale in grado di alterare più o meno marcatamente la morfologia e la funzionalità del sistema timpano-ossiculare.

All’audiometria tonale si evidenzia una classica ipoacusia di trasmissione che assume carattere di progressività.

L’impedenzometria rivela un timpanogramma con riduzione piuttosto marcata della compliance il cui picco risulta, se apprezzabile, spostato sui valori negativi di pressione; ciò in relazione alla patologia faringo-tubarica spesso associata.
I riflessi stapediali saranno evidenziabili solo nel caso di una elasticità residua timpano-ossiculare ancora sufficiente.

L’audiometria vocale evidenzierà una curva parallela e simmetrica, anche se spostata verso destra, rispetto alla curva normale di intelligibilità.

L’ipoacusia può nel tempo trasformarsi in forma mista e tardivamente anche in neurosensoriale a causa dell’azione flogistica sul labirinto anteriore; parallelamente potranno subire variazioni tutti i segni audiometrici.

Otite media purulenta cronica

L’otite media purulenta cronica si differenzia dalla precedente in quanto si accompagna nella quasi totalità dei casi a perforazione più o meno vasta della membrana timpanica, attraverso la quale può realizzarsi una otorrea purulenta a carattere continuo, subcontinuo o intermittente.
Le complicazioni flogistiche spesso di natura neurologica (paralisi del facciale, ascesso cerebrale, trombosi del seno cavernoso, meningite, ecc.) non sono infrequenti anche per la possibilità che si instauri nell’epitimpano quel processo espansivo e compressivo, denominato “colesteatoma”, tipico di alcune forme di otite media purulenta cronica.

All’audiometria tonale ipoacusia ovviamente di trasmissione, con carattere evolutivo ed instabile.
L’impedenzometria non è effettuabile ed il quadro audiometrico vocale non si discosta da quello dell’otite catarrale cronica.
L’otite media purulenta cronica può, maggiormente e più rapidamente della forma catarrale, dar luogo a segni di labirintopatia con graduale trasformazione quindi anche del quadro audiologico (riduzione della riserva cocleare, comparsa del recruitment, ecc.) e con comparsa di sintomi vestibolari).


I TEST UDITIVI

Così come è diventata pratica comune sottoporsi e soprattutto sottoporre i bambini ad un controllo della vista, sarebbe necessario effettuare i test di valutazione uditiva sia nel bambino che nell’adulto al di là della presenza o meno di patologie o fattori di rischio.

L’esame principale per valutare la funzionalità uditiva è l’AUDIOMETRIA TONALE.
Come molti sanno si effettua all’interno di una speciale cabina silente e con modalità diverse a secondo se si tratta di bambini o adulti:

a. audiometria comportamentale (nei primi mesi): in una cabina silente mentre il bambino prende il latte dalla mamma si osservano le sue reazioni motorie alla presentazione di suoni di una certa intensità.
Chiaramente questo esame è molto grossolano nonché difficile da effettuare ed ha completamente lasciato il posto a metodiche più attendibili come le Emissioni Otoacustiche.

b. Nel bambino fino a 2,5- 3 anni si utilizza l’audiometria “condizionata”.
Il bambino fino a quella età non è certo in grado di dirci se sente o no un suono che gli stiamo inviando quindi si effettua l’esame sotto forma di gioco, sfruttando il riflesso condizionato.
All’interno di una cabina silente con l’aiuto di personale specializzato e in presenza del genitore si presentano al bambino suoni ad un volume di comoda udibilità e gli si fa vedere che ogni volta che c’è il suono (stimolo) contemporaneamente si accendono delle simpatiche lucine o inizia un cartone animato su uno schermo (premio).
Gli si fa inoltre notare che ogni volta che il suono si interrompe anche i “premi” (le lucine o il cartone animato) si interrompono.
Le prime presentazioni suono-premio vengono guidate dall’operatore ma dopo poche presentazioni, per effetto del condizionamento, il bambino da solo ogni volta che sente il suono si volta a ricevere il premio.
L’operatore continua a presentare i suoni, finché il bambino collabora, fino a delineare una curva audiometria che ancora in modo non preciso ci può indicare il livello uditivo del bambino

c. Man mano che il bambino cresce le sue risposte diventano più attendibili ma ancora fino ai 6 anni si utilizza il condizionamento con metodiche più interessanti per lui.
Infatti dai 3 ai 6 anni si utilizza un trenino elettrico.
Il bambino viene educato a spingere il pulsante di avvio del trenino non appena sente il suono proveniente dalla cassa acustica.
Questo esame è più attendibile anche per l’età del bambino che riesce a darci risposte maggiormente precise.

d. Dai 6 anni circa si utilizza l’audiometria in cuffia.
Vengono presentati i suoni ad un orecchio alla volta e il bambino o l’adulto deve segnalare all’operatore ogni volta che sente i suoni (via aerea).
Da questa età in poi l’esame si completa con la “via ossea”.
Mediante un vibratore che si posiziona dietro l’orecchio (sull’osso mastoideo) si valuta la funzionalità dei centri nervosi uditivi.
Infatti in questo modo lo stimolo non deve passare per l’orecchio esterno e medio ma va direttamente in coclea e di lì al cervello, quindi si riesce a capire, in presenza di una ipoacusia, da quale porzione dell’orecchio questa dipende.
Chiaramente se la perdita è dovuta all’orecchio interno ci saranno ulteriori esami in grado di dirci se questa dipenda dalla coclea (coclearie) o retrococleare cioè delle strutture oltre la coclea stessa.

Dall’audiometria si ottiene un grafico dove con un cerchio rosso viene indicato l’orecchio destro e con una croce blu o nera l’orecchio sinistro.

L’esame audiometrico tonale non basta da solo a dare al medico lo stato di salute dell’orecchio ma questo deve essere completato da altri esami e, di minima, l’altra indagine che serve a completare ed escludere la presenza di importanti patologie è l’IMPEDENZOMETRIA esame obiettivo che non richiede quindi la partecipazione attiva del soggetto.

Questo consta di due parti: la TIMPANOMETRIA E L’ESAME DEI RIFLESSI STAPEDIALI.

L’esame si effettua mediante una strumentazione e una cuffia particolari.

La timpanometria serve a misurare il grado di elasticità del timpano, l’eventuale presenza di versamenti all’interno dell’orecchio medio e il grado di mobilità della catena degli ossicini.
Si ottiene un grafico che è assolutamente necessario per una diagnosi di otosclerosi.
La seconda parte dell’esame impedenzometrico, cioè lo studio del riflesso stapediale, serve a valutare il funzionamento di un muscolo che si contrae all’ingresso dei suoni.
Anche questo esame dà allo specialista un elemento in più per poter condurre una corretta diagnosi.

L’AUDIOMETRIA VOCALE e i TEST DI PERCEZIONE VERBALE utilizzano parole a senso compiuto, parole senza senso, frasi in presenza o no di rumore oppure suoni e immagini corrispondenti, per darci la misura di quanto la perdita uditiva incide sulle possibilità comunicative del bambino o dell’adulto.
È un test importante soprattutto per verificare l’efficacia della protesi acustica

LE EMISSIONI OTOACUSTICHE sono un esame di ultimissima generazione che sfrutta una delle più recenti scoperte dell’audiologia.
Infatti si è scoperto che le cellule ciliate esterne presenti nella coclea emettono dei suoni molto deboli ma che oggi si è in grado di registrare.
È un esame completamente obiettivo, veloce, non fastidioso e attendibile che ci consente specialmente nei più piccoli di conoscere lo stato di salute della coclea e quindi l’eventuale presenza di una sordità legata ad un problema della stessa coclea.
È ampiamente utilizzato nella diagnosi precoce di sordità infantile, in quanto utilizzabile a poche ore dalla nascita.

L’ABR (potenziali evocati uditivi del tronco) è un esame obiettivo effettuabile a qualsiasi età come il precedente e si può definire come l’elettroencefalogramma della via uditiva.
Infatti l’esame ci evidenzia con lo stimolo acustico dall’esterno arriva al cervello in ogni sua tappa.
Quindi è assolutamente necessario per una diagnosi di sordità.


ACUFENI o TINNITUS

Cos’è l’acufene?

Per acufene si intende una sensazione sonora (ronzio, sibilo, fischio, ticchettio ecc) percepita dal soggetto in uno od entrambi gli orecchi, non prodotta da una fonte sonora esterna.
Questa sensazione può avere carattere continuo o intermittente e può cambiare spesso il suo volume (anche di ora in ora o durante le varie fasi della giornata) oppure rimanere sempre della stessa intensità.

Oltre il 20% della popolazione ha avuto esperienza non traumatica di acufene. Di questi il 7% necessita dell’assistenza del medico otorino, per il 5% provoca disabilità e per il 2% provoca grave handicap.
Alcune delle principali cause mediche scatenanti gli acufeni sono:
1- Otosclerosi
2- Malattia di Ménière
3- Malattie acute e cliniche dell’orecchio esterno e medio
4- Trauma acustico e barotrauma
5- Sordità improvvisa
6- Sordità autoimmuni od immuno mediate
7- Sordità genetica od ereditaria
8- Presbioacusia
9- Trauma cranico
10- Neurinoma del nervo acustico (VIII)
11- Farmaci ototossici
12- Disordini vascolari, ipertensione
13- Disordini Maxillo facciali ed ATM ARTICOLAZIONE TEMPORO MANDIBOLARE
14- Diabete, Ipotiroidismo, dismetabolismi in genere
15- Stress.

Disturbo e STRESS (pdf)

ACUFENI PULSANTI

Cos’è l’acufene pulsante?

L’acufene pulsante è un rumore che va a ritmo con il battito cardiaco.
Questo può essere facilmente verificato ascoltando il proprio battito con le dita sul collo o sul polso e ascoltando il proprio acufene.

Quali sono le cause?

L’acufene pulsante è causato da un cambiamento del flusso sanguigno dei vasi vicini all’orecchio dovuto ad esempio ad una ostruzione di un vaso, situazione che costringe i vasi vicini ad un sovraccarico che genera rumore.
Un’altra causa è la formazione di turbolenze all’interno del vaso.
Se la parete interna del vaso è irregolare per esempio a cause di aterosclerosi (indurimento delle pareti) il flusso sanguigno sarà turbolento invece che regolare.
Questo flusso diviene rumoroso così come un flusso d’acqua di un fiume è più rumoroso se percorre una serie di rapide e dislivelli del suo letto.

L’aumento dell’attenzione verso il flusso sanguigno può essere dovuto anche in assenza di turbolenze o ostruzioni a :

· Perdita uditiva di tipo trasmissivo causata da una perforazione timpanica o a presenza di blocco all’interno del cavo del timpano (otite catarrale, otite cronica ecc.)
· Aumento della sensibilità delle vie uditive che può, come nell’iperacusia, innescare un meccanismo di attenzione in cui il segnale normale di pulsazione viene interpretato come un segnale di allarme ed essere aumentato proprio dall’attenzione selettiva che vi si va a focalizzare.

Quali esami occorrono per una diagnosi corretta?

Per prima cosa in presenza di un acufene pulsante è assolutamente importante rivolgersi al medico specialista audiologo otorinolaringoiatra che presterà particolare attenzione all’esame del timpano e dei vasi sanguigni del collo.

Dopo aver proceduto agli esami di base audiometrico e impedenzometrico ascolterà con uno stetoscopio la zona intorno all’orecchio per valutare se si tratta di un acufene obiettivo (ascoltabile dall’esterno).
Il medico valuterà se procedere poi ad esami quali:

” risonanza magnetica nucleare
” eco color doppler dei vasi epiaortici
” angiorisonanza
” angiografia

Quale trattamento è possibile?

Il trattamento sarà consequenziale alla corretta diagnosi.
In ogni caso se si è instaurato un meccanismo di risposta di allarme è consigliata la TRT o qualsiasi altro trattamento finalizzato alla diminuzione dell’attenzione e della risposta emotivo-comportamentale nei confronti dell’acufene.


RECRUITMENT ED IPERACUSIA

Che cos’è l’iperacusia

Per Iperacusia si intende una ridotta capacità della persona di tollerare i suoni esterni.

Quali possono essere le forme in cui si può presentare e quale parte della via uditiva ne è causa:

Che cos’è il recruitment

I suoni continui e forti risultano fastidiosi per molte persone.
Esistono persone con un udito più sensibile rispetto ad altri e alle quali risulta decisamente molto fastidioso ascoltare livelli sonori anche ritenuti normali per tutti gli altri.
Questa situazione può capitare sia a persone con udito normale sia a persone con ipoacusia.
Spesso, specialmente le persone anziane, dicono “parla un po’ più forte, perché non ti sento!” e poi appena alziamo un po’ la voce “Non urlare! Non sono mica sordo!”.
In questa situazione è presente una diminuzione dell’udito dovuta di solito ad una perdita di cellule ciliate dell’orecchio interno, comunemente quelle deputate a recepire le alte frequenze (come il cinguettio degli uccelli, le cicale, le suonerie dei telefoni ecc.) che provoca una difficoltà a distinguere in modo corretto i vari livelli di volume dei suoni che vengono percepiti di meno.
Si aggiunge quindi alla perdita quantitativa (ipoacusia) anche una perdita di qualità del suono in entrata.
Questa situazione viene detta in termini tecnici “recruitment” e oltre ad essere ben descritta da chi ne è affetto, si può anche evidenziare con gli esami audiologici (audiometria e impedenzometria).

A differenza dell’orecchio normale che è in grado di tollerare suoni che arrivano a 120 dB, la persona con ipoacusia e recruitment raggiunge il livello di fastidio anche a 70-80 dB.
Per capire meglio facciamo il confronto con il musicista: egli può suonare uno strumento “pianissimo” e variare poi il volume fino ad arrivare al “fortissimo”.
Tra i due estremi ci sono tanti livelli di volume; l’orecchio normale li può percepire tutti mentre per l’orecchio con recruitment è come se certi suoni siano suonati solo in “fortissimo”, cioè appena percepiti raggiungono subito il fastidio.

Se non è presente perdita uditiva si parla di Iperacusia e qui dobbiamo prendere in considerazione non tanto l’orecchio come organo periferico quanto più tutto quello che succede dal nervo acustico in poi, fino al cervello.

Il cervello gioca un ruolo essenziale nel tipo di sensibilità che abbiamo nei confronti dei suoni.
Una volta arrivati all’orecchio interno i suoni vengono elaborati dalle cellule ciliate, oltre 10.000 fibre del nervo acustico portano l’informazione sonora fino alla corteccia uditiva del cervello (lobo temporale).
Qui abbiamo la consapevolezza del suono.
Il primo compito del sistema uditivo centrale è quello di estrarre tra i tanti messaggi che arrivano dall’esterno, quelli importanti rispetto al rumore di sottofondo.
Spesso suoni anche lievi sono ricchi di significato e quindi balzano alla nostra consapevolezza perché vengono amplificati da una parte del sistema nervoso centrale chiamata sistema limbico(centro dell’apprendimento e delle emozioni) e corteccia prefrontale (coinvolta con il comportamento) che serve proprio a cogliere e amplificare suoni non necessariamente forti ma che potenzialmente indicano una situazione di pericolo.
Nella maggior parte dei casi l’associazione automatica che viene fatta con certi suoni ha caratteristiche di pericolo: questo suono mi danneggerà l’orecchio?
Ridurrà la qualità della mia vita diminuendo i periodi di tranquillità?
Interferiranno con la mia concentrazione?
Molto spesso l’ipersensibilità nei confronti dei suoni inizia con una paura irrazionale e poi si struttura nel tempo.
Comunemente questo è fonte di disturbo in coloro che credono che la qualità della propria vita possa venire rovinata da rumori del vicino, dell’impianto di condizionamento e dei frigoriferi del negozio sottocasa, della musica della discoteca, di fabbriche ed artigiani vicini che emettono certamente suoni (spesso neanche avvertiti dalla maggioranza delle persone).
Siccome il sistema uditivo centrale è molto potente è in grado di percepire suoni anche molto deboli, se allenato e quindi un suono associato ad un pericolo, anche se molto debole, può essere inizialmente percepito solo nell’assoluto silenzio, ma l’attenzione concentrata, anche se il segnale è chiaramente debole, può farlo percepire poi in tutte le situazioni, anche quando non c’è silenzio.

Anche variazioni nell’umore o nel livello di ansia possono aumentare il livello di sensibilità e far captare ancora con maggiore attenzione e sensibilità segnali esterni o interni percepiti come potenzialmente pericolosi.
Questa situazione può estendersi anche agli altri sensi creando ipersensibilità dell’olfatto, della vista, del gusto o del tatto aumentando la percezione del dolore.

Quindi la ipersensibilità uditiva può essere presente in udito normale (iperacusia) associarsi a deficit uditivo (recruitment e iperacusia), assumere caratteri fobici con reazioni comportamentali esasperate (fotofobia) o con sola sensazione di fastidio (misofonia).

Questa ipersensibilità porta ad uno stato di STRESS: oltre al deficit immunitario e l’aggravarsi o lo scatenarsi delle malattie “latenti”, può provocare stati di PANICO e di varie forme di FOBIA.

COME FARE UNA DIAGNOSI CORRETTA?

Gli esami migliori oltre all’audiometria tonale classica, sono l’impedenzometria con il test dei riflessi stapediali che evidenzia la presenza di recruitment ed inoltre il test della Loudness-Disconfort-Level (LDL) che evidenzia la presenza o meno di iperacusia.

Chiaramente gli esami vanno eseguiti con estrema attenzione e delicatezza in quanto il soggetto sofferente di una qualsiasi forma di diminuzione della capacità di tollerare i suoni si sente in pericolo durante gli esami e dobbiamo cercare di non contribuire all’aumento della loro sensibilità.
Inoltre è decisamente importante non procedere all’impedenzometria che richiede l’uso di livelli di intensità del suono decisamente sovraliminari se prima on si è effettuato l’esame LDL.
Se la sensibilità del soggetto è alta conviene rimandare l’esame dei riflessi stapediali dopo un periodo di riabilitazione uditiva.

IL TRATTAMENTO DELL’IPERSENSIBILITA’ UDITIVA

La TRT sicuramente offre un approccio efficace nel trattamento di questo fastidioso disturbo.
In presenza di una perdita uditiva è necessario l’uso delle protesi, ma queste vanno regolare con estrema attenzione da parte dell’audioprotesista con un controllo dell’uscita massima estremamente ridotto nel periodo iniziale e poi gradualmente aumentato e portato al livello necessario al tipo di perdita nel tempo, anche in tempi molto lunghi.
Necessario è “svezzare” l’orecchio ai suoni ma con estrema gradualità come si fa nel caso dello svezzamento del bambino ai cibi o nella desensibilizzazione delle allergie.
In caso di normoacusia è necessario l’uso di “generatori di suono” che erogano un rumore di sottofondo inizialmente al livello di minima percezione almeno 6-8 ore al giorno, volume che andrà gradualmente aumentato man mano che il sistema uditivo del soggetto si desensibilizza.

Fondamentale oltre alla “terapia del suono” sopra descritta è il counseling educativo che consente alla persona di venire a conoscenza del reale funzionamento dell’organo dell’udito, di come funziona, di quali sono i suoni veramente dannosi.

Affiancare a tutto ciò tecniche di rilassamento per la gestione della propria capacità di affrontare lo stress è vivamente consigliato.
Alcune discipline orientali di tecniche di rilassamento, quali le tecniche di respirazione Yoga, sono altamente raccomandate.


GLI AUSILI O LE PROTESI ACUSTICHE

Gli apparecchi acustici sono l’ausilio riabilitativo essenziale per potenziare la capacità uditiva residua del bambino ipoacusico ma anche dell’adulto con difficoltà comunicative.
Generalmente ogni bambino, anche con deficit profondo, possiede dei residui uditivi che possono essere utilizzati, mediante una adeguata amplificazione dei suoni, per l’apprendimento della comunicazione verbale.
Per l’adulto è essenziale l’utilizzo di questi dispositivi amplificatori per garantire l’abilità sociale e mantenere il proprio livello di partecipazione alla vita di relazione, per non dimenticare la grossa utilità che ha l’udito in situazioni di “pericolo”.

La protesi acustica svolge la funzione di amplificare i segnali sonori in base alle caratteristiche della perdita uditiva.
E’ il medico specialista che prescrive, sceglie ed adatta la protesi al particolare tipo di ipoacusia del soggetto.
Esistono vari tipi di protesi acustiche ma essenzialmente le parti principali sono:

” il microfono che capta i segnali sonori dall’esterno
” il circuito amplificatore che elabora i segnali aumentandone l’intensità
” il ricevitore che invia i segnali amplificati all’orecchio

A seconda del tipo di ricevitore le protesi acustiche si distinguono in

” protesi per via ossea
” protesi per via aerea

II ricevitore delle protesi per via ossea è costituito da un vibratore osseo che consiste in un piccolo dispositivo che emette vibrazioni che vengono trasmesse poi all’orecchio interno attraverso l’osso mastoideo.
Queste protesi sono utilizzate nei rari casi di ipoacusia di tipo esclusivamente trasmissivo, causata da malformazioni congenite delle strutture dell’orecchio esterno e dell’orecchio medio, oppure da gravi otiti croniche con perforazioni della membrana timpanica.

Le protesi per via aerea sono invece le più utilizzate e in questo caso la trasmissione del suono amplificato avviene tramite un auricolare (o chiocciola) inserita nel condotto uditivo esterno.

Esistono altri tipi di protesi acustiche, come quelle ad occhiale, che possono essere sia per via aerea che ossea dove l’apparecchio acustico viene inserito nell’asta degli occhiali e quelle endoauricolari di piccolissime dimensioni che entrano completamente nel condotto uditivo esterno e non hanno la parte da appoggiare dietro al padiglione auricolare

Negli ultimi anni c’è stato l’avvento delle protesi acustiche ad elaborazione digitale del suono che funzionano un po’ diversamente da come descritto finora: il suono è sempre raccolto da un microfono ma, anziché essere convertito in un segnale elettrico per l’amplificazione, e subito convertito in ‘bit’ di informazioni a sua volta processate da un piccolissimo computer all’interno dell’apparecchio.
Il sistema consente di modificare il suono in modo molto più preciso e flessibile rispetto alle protesi non digitali.
Inoltre molte protesi digitali hanno microfoni e sistemi di riduzione del rumore di sottofondo che rendono più confortevole l’ascolto in ambienti difficili, come in presenza del rimbombo del traffico, il ronzio di un ventilatore.
Questi vantaggi tuttavia non sono evidenti in tutte le situazioni di rumore di fondo: ad esempio se i rumore è determinato da altre persone che parlano difficilmente la protesi digitale è in grado di esaltare una singola voce.
Per queste situazioni acusticamente difficili moltissime protesi digitali utilizzano microfoni direzionali che amplificano maggiormente il segnale frontale.
Alcune protesi digitali hanno sistemi che possono ridurre quel fischio che disturba molte persone che utilizzano le protesi acustiche, oppure adattare in modo preciso i diversi suoni alle necessità uditive della persona ipoacusica.
La grande flessibilità offerta dalle protesi digitali risulta in genere molto vantaggiosa nelle perdite uditive moderate e gravi.

Consigli pratici

Le protesi acustiche sono un aiuto validissimo per l’udito solo se vengono utilizzate in base ad una prescrizione del medico specialista e secondo le istruzioni dell’audioprotesista.

Sia il bambino che l’adulto anno bisogno di un periodo di adattamento durante il quale condurre l’allenamento acustico che consiste in un processo di adeguamento del nuovo modo di ascoltare.
In un primo periodo infatti si consiglia di indossare le protesi in ambienti non troppo rumorosi e per poche ore al giorno, periodo che va giornalmente aumento come va aumentata la difficoltà degli ambienti dove indossarle.
E’ chiaro che un ambiente come un supermercato o una chiesa all’inizio possa risultare fastidioso ma con il proseguire graduale e graduato del proprio allenamento si può arrivare a indossare le protesi anche nei luoghi più “difficili” ed aver un ascolto comodo fino ad arrivare ad indossarle in modo continuativo.
Le protesi devono essere tenute sempre in stato di efficienza: alcuni controlli possono essere effettuati regolarmente in maniera autonoma, altri richiedono l’intervento dell’audioprotesista.

Controllare che la protesi sia accesa

La protesi accesa fischia se la si tiene in una mano e la si copre leggermente con l’altra mano.
Questo è normale e si chiama “effetto Larsen”, lo stesso che accade se avviciniamo un microfono ad una cassa acustica.
Ciò indica in maniera empirica che la batteria è carica.
Se non la si indossa in modo corretto oppure se la chiocciolina (la parte che va dentro l’orecchio) non è più adeguata può fischiare anche mentre la si indossa.

Spegnere sempre la protesi alla sera o comunque quando la si toglie per evitare che le pile si scarichino.
Buona norma sarà anche aprire lo scomparto batteria per non favorire l’accumulo di umidità.

Pulire ogni sera gli auricolari.

Il cerume li potrebbe ostruire.
Pulirli con l’apposito spazzolino ed eventualmente con le salviette fornite dall’audioprotesista.
Nel caso di maggior deposito di cerume, usare l’apposito specillo.
Per disinfettare gli auricolari possono essere usate periodicamente speciali pastiglie o particolari liquidi spray.
E’ sconsigliabile utilizzare altri liquidi o prodotti perchè il materiale plastico degli auricolari potrebbe deteriorarsi.

Controllare la pila (o batteria)

Usare solo il tipo indicato dall’audioprotesista ed inserire la pila correttamente.
Sostituirla quando comincia a scaricarsi facendosi indicare dall’audioprotesista il consumo medio che può variare in base all’uso, al volume e al tipo di protesi acustica

Le nuove tecnologie digitali degli apparecchi acustici necessitano di un’energia costante pertanto alcune pile usate su tali apparecchi, quando sono in fase di esaurimento, possono perdere rapidamente di efficacia.

Le pile possono scaricarsi anche entrando in contatto con oggetti metallici (altre pile, monete, chiavi ecc.).

Controllare che non vi siano fuoriuscite di liquido e togliere la pila dal vano se l’apparecchio resta inutilizzato per 2/3 giorni.

Si raccomanda di conservare le pile nell’apposito astuccio e di non cestinarle nella spazzatura ordinaria.

II volume deve essere posizionato secondo la potenza prescritta.
In caso di volume prefissato non si deve modificare la regolazione di propria iniziativa.

I principali nemici di tutte le protesi acustiche sono l’umidità, la polvere e sporcizia, le temperature elevate, gli urti, le cadute e il cerume.


L’IMPIANTO COCLEARE

L’impianto cocleare è un piccolo e complesso strumento elettronico che fornisce il senso dell’udito a persone con sordità profonda o molto grave.
Viene inserito chirurgicamente sotto la pelle vicino all’orecchio.
Consta di 4 parti:

1- un microfono che prende i suoni dall’esterno
2- un processore che seleziona e ordina i suoni raccolti dal microfono
3- un trasmettitore e un ricevitore/stimolatore che riceve i segnali dal processore e li converte in impulsi elettrici
4- una fila di elettrodi che raccoglie gli impulsi dallo stimolatore e li invia al nervo acustico.
NB. L’impianto cocleare non crea un udito normale, ma usato correttamente può fornire a persone sorde profonde una discreta comprensione del linguaggio e dei suoni dell’ambiente.

Come funziona?

L’impianto cocleare è molto diverso dalla protesi acustica.
La protesi acustica amplifica i suoni.
L’impianto cocleare fa il lavoro della parte dell’orecchio interno danneggiata o non funzionante.
Quando un orecchio funziona normalmente, parti complesse dell’orecchio interno (l’organo del Corti) trasformano le onde sonore in impulsi elettrici.
Questi impulsi sono inviati al cervello tramite il nervo acustico ed a questo livello la persona li riconosce come suoni.
L’impianto coclearie funziona in modo simile alla coclea.
Trova, filtra ed amplifica elettronicamente i suoni utili e li convoglia al nervo acustico.
L’udito mediante impianto coclearie è diverso rispetto all’udito normale, ma permette alle persone di comunicare oralmente o tramite telefono.

Chi può usufruire dell’impianto?

Sia i bambini che gli adulti possono usufruire dell’impianto cocleare.
Secondo la food and drug administration nel mondo circa 59.000 persone hanno impianti cocleari.
Negli USA circa 13.000 adulti e 10.000 bambini hanno ricevuto l’impianto.

Gli adulti che hanno perso quasi completamente l’udito possono trarre beneficio dall’impianto.
Questi soggetti possono spesso associare i suoni che arrivano mediante l’impianto con i suoni che ricordano.

Anche i bambini possono usufruire dell’impianto.
Se all’impianto viene associata una buona terapia di riabilitazione i bambini possono apprendere il linguaggio in modo socialmente efficace.
Si dibatte molto sull’età giusta per l’applicazione dell’impianto, ma di solito i bambini hanno una età compresa tra i 2 e i 6 anni.
Sembra che l’impianto applicato precocemente dia migliori risultati.

Come arrivare all’impianto?

L’applicazione dell’impianto cocleare prevede un intervento chirurgico.
La decisione di ricevere un impianto deve prevedere una discussione che coinvolga sia lo specialista chirurgo che l’audiologo.
Anche se è una procedura che non comporta molti rischi, bisogna considerare i normali rischi chirurgici.
Inoltre è necessario un periodo di apprendimento per capire i segnali inviati dall’impianto ed infine non tutti hanno dall’impianto i risultati attesi.
Quindi la decisione di procedere all’impianto deve essere attentamente vagliata da un team di specialisti esperti.

Oggi l’impianto cocleare codifica e trasmette impulsi elettrici su un modesto numero di punti.
LA COCLEA, attraverso l’organo del Corti, trasmette impulsi con oltre 15.000 punti.
La ricerca e le conoscenze tecnologiche e biocibernetiche devono fare ancora molta strada per simulare il nostro apparato uditivo.

Quando il nervo acustico è lesionato, l’impianto cocleare non funziona.

In un futuro (lontano?) la ricerca biocibernetica appronterà dei dispositivi di impianto, non più cocleari, ma cerebrali, con la trasmissione diretta alle zone uditive della corteccia cerebrale.


LE VERTIGINI

Le strutture dell’equilibrio

Le formazioni vestibolari periferiche, site nel labirinto membranoso posteriore, sono rappresentate dai tre canali semicircolari superiore, posteriore e laterale (i cui recettori neuro-sensoriali sono contenuti nelle creste ampollari) dall’utricolo e dal sacculo (i cui recettori sono contenuti nelle macule).
Le cellule sensoriali dei canali semicircolari, mediante terminazioni a forma di pelo, sono a contatto con una membrana che le sovrasta, denominata cupola.
Le cellule sensoriali del sacculo e dell’utricolo sono a contatto similmente, mediante i loro peli sensoriali, con una membrana ricca di cristalli di sali di calcio o otoliti (membrana otolitica).
Le deformazioni della membrana otolitica e della cupola legate ai movimenti dei liquidi endolabirintici a loro volta dovuti agli spostamenti del corpo e del capo nello spazio, determinano la sollecitazione e 1’attivazione delle cellule sensoriali.
II primo neurone è contenuto nel ganglio di Scarpa; si tratta di neurone bipolare il cui prolungamento periferico si connette con i recettori ampollari e maculari, mentre quello centrale costituisce il nervo vestibolare vero e proprio.
I1 nervo vestibolare si accolla al nervo VIII nel canale uditivo interno e penetra nel tronco attraverso un solco tracciato fra bulbo e ponte.
I nuclei vestibolari primari, con cui trae la prima connessione il nervo vestibolare, sono cinque, quattro dei quali sono localizzati sotto il pavimento del IV ventricolo, mentre il quinto è situato nel tetto del cervelletto.

Dai primi nuclei partono fibre discendenti per le vie vestibolo-spinali e fibre per le vie vestibolo-oculari o fascicolo longitudinale mediale per provocare gli aggiustamenti tonici e coniugati degli occhi relativi alle varie posizioni e accelerazioni del capo.
Sempre dai nuclei vestibolari si dipartono fibre per le vie vestibolo-reticolari che traggono connessione appunto con la sostanza reticolare addetta ad una fine regolazione dei vari aggiustamenti tonici e infine fibre per le vie vestibolocorticali che subiscono una interruzione intermedia al livello del talamo.
Le aree vestibolari corticali sono situate nella circonvoluzione parietale inferiore ed in parte nella circonvoluzione temporale superiors in regione para-uditiva.
Il sistema nervoso vestibolare è integrato dalle vie oculo o occipito-cerebellari, dalle vie che collegano la corteccia visiva ai nuclei dei nervi oculo-motori attraverso il fascicolo longitudinale mediale, dalle vie tattili discriminative e dalle vie propriocettive con le loro connessioni col cervelletto e con i moto-neuroni.

L’equilibrio o senso stato-cinetico

Tutte queste formazioni, vestibolari propriamente dette, sensitive, propriocettive, visive, cerebellari, concorrono a regolare 1’equilibrio statico e dinamico del corpo nello spazio; tra di esse comunque sono le strutture vestibolari in senso stretto ad assumere il ruolo predominante.
Alterazioni dell’intero sistema o di una sua parte determineranno vertigini e inadeguato coordinamento dei movimenti del corpo.
Scopo principale dei recettori del sacculo e dell’utricolo e quello di rispondere e quindi di regolare 1’equilibrio di fronte a sollecitazioni verticali legate alla forza di gravità ed a sollecitazioni accelerative rettilinee antero-posteriori o postero-anteriori.
11 risultato è 1’aumento di tono dei muscoli estensori e flessori degli arti. Anche i movimenti di inclinazione laterale del capo esercitano un’azione sul sacculo con il risultato della messa in tono dei muscoli abduttori e adduttori.
I recettori ampollari dei canali semicircolari ubbidiscono invece a sollecitazioni acceleratorie di tipo angolare quindi rotatorie, positive (accelerazione) o negative (decelerazione); ciascuno dei tre canali, in base al proprio diverso orientamento nello spazio viene sollecitato secondo un piano di accelerazione diverso.
Dal momento che i due canali semicircolari omologhi dei due lati (i due laterali, i due superiori, i due posteriori) sono posti nello stesso piano e dal momento che le due ampolle omologhe, quella di un lato e quella del lato opposto sono poste lungo il canale semicircolare in posizione speculare, succede the ogni movimento rotatorio produce una corrente endolinfatica che se è ampollipeta da un lato, e ampollifuga dall’altro.
Le due correnti ampollipeta e ampollifuga hanno diverso ruolo e diversa efficacia stimolatoria. Ciò è regolato dalle 3 leggi di Ewald:

– nel canale semicircolare laterale la corrente ampollipeta provoca reazioni motorie maggiori di quelle provocate dalla corrente ampollifuga;
– nei canali semicircolari posteriore e superiore sono le correnti ampollifughe quelle funzionalmente più attive;
– la corrente funzionalmente più attiva determina un movimento congiunto degli occhi (fase lenta del nistagmo – vedi appresso) verso la stessa direzione della corrente e sullo stesso piano del canale stimolato.

La vertigine

La vertigine è una sensazione più o meno molesta di turbamento dell’equilibrio cioè del senso di stabilità del corpo nello spazio.
La vertigine avrà caratteri diversi a seconda del soggetto e delle strutture lese; queste potranno essere:
a) principalmente, e di esse ci occuperemo in maniera specifica, le strutture vestibolari periferiche labirintiche, centrali troncali, centrali corticali;
b) le formazioni extravestibolari periferiche e centrali, facenti capo al senso propriocettivo e visivo.
La vertigine vera e caratterizzata da:
a) una sensazione sgradevole di rotazione del corpo e del capo in uno dei piani dello spazio (orizzontale, verticale, obliquo) rispetto all’ambiente circostante o viceversa (rispettivamente vertigine soggettiva e vertigine obbiettiva).
Nei casi più gravi si osserva:
a) 1’impossibilita a camminare o a rimanere eretti;
b) instabilità e mancato coordinamento dei movimenti degli arti;
c) reazioni neuro-vegetative più o meno intense come nausea, vomito, tachicardia, sudorazione, pallore, ipotensione arteriosa (non si giunge mai però alla perdita di coscienza).
I disturbi vertiginosi tipici sono parossistici cioè intensi e di breve durata, ma talvolta possono durare molti giorni in seguito o meno ad un attacco acuto.
La tipica vertigine vestibolare labirintica è generalmente parossistica, rotatoria, orizzontale, di tipo obiettivo e si accompagna quasi sempre a disturbi uditivi(ipoacusia neuro-sensoriale cocleare, acufeni).
La vertigine vestibolare centrale è invece generalmente descritta come rotatoria su un piano non sempre orizzontale, soggettiva ed i disturbi uditivi sono poco rappresentati; le crisi in genere hanno scarso carattere parossistico.
Ma sarà soprattutto, (come vedremo in seguito) lo studio del nistagmo e delle deviazioni toniche degli arti il maggior elemento semeiologico e topo-diagnostico.

Il nistagmo e le deviazioni toniche

Il nistagmo è un movimento coniugato e tonico degli occhi provocato da una sollecitazione in genere labirintica ma spesso presente con caratteri diversi, per patologie e alterazioni degli altri distretti coinvolti nel senso stato cinetico.

I1 nistagmo è dovuto alle varie connessioni anatomo-funzionali tra le vie vestibolari ed i centri oculo-motori (retti interni ed esterni) soprattutto attraverso il fascicolo longitudinale mediale.

Il nistagmo vestibolare propriamente detto è composto da una successione alternata di 2 fasi, una fase lenta e una fase rapida di riaccomodazione.

Il piano secondo cui “batte” il nistagmo (orizzontale, verticale, obliqua, rotatoria, ecc.) dipende da molteplici fattori e principalmente dal distretto interessato e nell’ambito delle alterazioni labirintiche, dal canale semicircolare interessato (trovandosi i 3 canali disposti su tre assi differenti).

Nelle alterazioni labirintiche è comunque il canale semicircolare laterale quello predominante sia in fase irritativa quindi iperfunzionante sia in fase degenerativa quindi ipofunzionante; il nistagmo quindi sarà quasi sempre orizzontale.

I1 nistagmo è regolato dalla legge di Ewald.
La scossa lenta, movimento lento e coniugato degli occhi, vero movimento attivo in direzione del lato ipofunzionante e piu difficile da esplorare proprio per la sua estrema lentezza, mentre il movimento rapido, che ha una funzione semplicemente di ritorno quindi passiva, è più facile da esplorare e passa ovviamente verso il lato opposto.

In diagnostica quindi quando si descriverà la direzione del nistagmo si indicherà quella della fase rapida che, come si e detto, battere nelle sindromi vestibolari vere verso il lato iperfunzionante (o normalmente funzionante se il lato opposto e deficitario).

Il nistagmo quindi potrà essere distinto a seconda di alcune caratteristiche fondamentali:
a) secondo il piano spaziale delle scosse (orizzontale, verticale, rotatorio, misto);
b) secondo la velocità delle scosse (bifasico, quello più comune, cioè con fase lenta e fase rapida, pendolare con uguale durata delle due scosse (in genere congenito o legato ad alterazioni extra-vestibolari);
c) secondo la posizione degli occhi in cui compare (primo grado: compare ad occhi fatti deviare verso la direzione della fase rapida; secondo grado: compare ad occhi rivolti in avanti; terzo grado: compare ad occhi fatti deviare verso il lato della fase lenta);
d) secondo il numero di scosse al minuto e secondo la durata o tempo di esaurimento complessivo delle scosse (sarà continuo nel caso si tratti di nistagmo spontaneo, avrà una durata caratteristica se sarà indotto strumentalmente o con manovre particolari).
Tutto il corpo comunque e soprattutto gli arti tenderanno a deviazioni e movimenti attivi, soprattutto se sollecitati artificialmente, nella stessa direzione della scossa lenta quindi verso il lato meno funzionante come vedremo appresso.
I movimenti tonici degli arti sono legati alle varie connessioni neuro-funzionali fra vie, centri vestibolari e vie e terminazioni sensitive, propriocettive da una parte e centri motori midollari dall’altra, attraverso le vie vestibolo-spinali e le vie vestibolo-striate.
Quindi vi sarà nelle forme labirintiche pure un atteggiamento “armonico” fra vertigine (orizzontale, rotatoria), nistagmo (orizzontale con scossa lenta verso il lato deficitario e scossa rapida quindi verso il lato opposto) e deviazioni toniche degli arti (verso il lato deficitario).
Tale atteggiamento armonico si perderà in parte se ci si trova di fronte a sindromi vestibolari nucleari o comunque centrali e del tutto se ci si troverà di fronte a sindromi extra-vestibolari.

Diagnostica vestibolare

Innanzitutto e opportuna come sempre un’anamnesi accurata che indagherà il tipo e l’intensità soggettiva delle manifestazioni, 1’epoca d’inizio della sintomatologia, l’andamento dei disturbi nel tempo le circostanze scatenanti o modificanti la sintomatologia (movimenti, stato psichico ecc.) la concomitanza di altri disturbi (uditivi, visivi, pressori, ecc.).
Gia la descrizione attenta a precisa della vertigine, come si e visto pub fornirci dati orientativi sulla diagnosi (il piano secondo cui si verifica, 1’eventuale caratteristica rotatoria, l’obiettività o soggettività del disturbo, 1’eventuale carattere parossistico, la concomitanza con altri disturbi uditivi e non ecc.).
Saranno poi gli esami strumentali vestibolari per evidenziare il nistagmo e le deviazioni toniche degli arti a fornirci i dati diagnostici certi, oltre che, ovviamente all’esame obiettivo, audiometrico, ed eventualmente neurologico ed oculistico.
L’esame vestibolare si articola attraverso prove che vengono definite spontanee prove indotte.

Sindromi vestibolari

Nelle affezioni del sistema vestibolare i sintomi funzionali possono essere inquadrati in una sindrome vestibolare armonica a localizzazione periferica (che a sua volta pub essere distinta in armonica irritativa o deficitaria) ed una sindrome vestibolare disarmonica a localizzazione centrale.
La sindrome armonica irritativa può essere provocata da flogosi iniziali del labirinto, idrope endolinfatico come nella malattia di Ménière, nevriti vestibolari e lesioni irritative dei nuclei vestibolari.
I1 nistagmo spontaneo è caratterizzato da una fast rapida diretta verso il lato leso mentre le deviazioni toniche del tronco e degli arti sono dirette verso il lato sano (come la fase lenta del nistagmo).
La sindrome armonica deficitaria può essere provocata da lesioni distruttive a livello labirintico, idrope endolinfatica in fase degenerativa come negli ultimi stadi della malattia di Ménière, lesioni atrofico-degenerative del ramo vestibolare dell’VIII o dei nuclei vestibolari.
Il nistagmo spontaneo ha una fase rapida diretta verso il lato sano mentre le deviazioni toniche sono dirette verso il lato leso (sempre in accordo con la fase lenta del nistagmo).

La sindrome vestibolare centrale disarmonica è legata a noxae che agiscono a livello delle strutture nervose centrali dell’apparato vestibolare.
E’ caratterizzata da nistagmo di vario genere, spesso verticale, e da deviazioni toniche the possono concordare o meno con la fase rapida del nistagmo.

Oltre alla sopraccitata suddivisione in base all’univocità e alla concordanza dei sintomi, le sindromi vestibolari possono essere suddivise in base alla topografia del danno in:

– Labirintiche vere.
– Retrolabirintiche.
– Nucleari.
– Sopranucleari.

Vertigini labirintiche vere

Le strutture responsabili sono quelle dell’estrema periferia dell’apparato vestibolare: cellule sensoriali del labirinto posteriore e terminazioni vestibolari dell’VIII paio di nervi cranici.

Le lesioni possono essere uni o bilaterali.

Compromissioni labirintiche unilaterali possono essere:

a) malattia di Ménière (ad eziologia ancora incerta);
b) infiammatorie (batteriche, virali ecc.);
c) vascolari (stenosi, trombi, emboli, spasmi);
d) traumatiche;
e) chirurgiche.

Lesioni bilaterali possono essere:

a) tossiche;
b) otosclerotiche;
c) degenerative.

Le vertigini labirintiche (vedi anche Malattia di Ménière) hanno in genere i seguenti caratteri:

1) insorgenza improvvisa, andamento ricorrente delle crisi che in genere hanno durata di secondi o minuti (al massimo pochi giorni);
2) sono rotatorie ed oggettive (sensazioni di rotazione dell’ambiente circostante intorno al proprio corpo);
3) sono accompagnate da fenomeni neuro-vegetativi;
4) non si associano a segni neurologici;
5) si accentuano con i movimenti bruschi del capo;
6) si associano molto spesso a turbe audiologiche (acufeni, ipoacusia, ecc).

Il nistagmo spontaneo è orizzontale e/o rotatorio (mai verticale) e batte verso il lato iperfunzionante.

Le prove di deviazione delle braccia, di Romberg e della marcia sono caratterizzate da deviazioni armoniche del corpo o delle braccia sempre nel senso della fase lenta del nistagmo.

Alle prove di stimolazione termica e rotatoria, sia nei casi di sindromi deficitarie (iporeflessia), sia nei casi di sindromi irritative (iperreflessia) le risposte vestibolari sono sempre armoniche.

Fra le sindromi labirintiche meritano una breve descrizione a parte, oltre alla malattia di Ménière, la vertigine parossistica benigna e la sindrome di Lermoàez.

Vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB)

E’ un’affezione caratterizzata da vertigine rotatoria violenta, di breve durata, e da nistagmo di posizione insorgenti dopo rapidi movimenti ed in certe posizioni del capo: spesso la crisi scompare quando il paziente si mette in posizione supina con la testa girata verso il lato opposto a quello che ha provocato la vertigine.

La patologia, conosciuta anche come “cupololitiasi, canalolitiasi” è determinata da un brusco distacco di piccole formazioni dette otoliti all’interno del labirinto, distacco che avviene per cause non ancora del tutto note anche se sono state formulate diverse ipotesi: disturbi della microcircolazione ematica, traumi cranici o cervicali, forme idiopatiche.

La vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB) é una delle cause più frequenti di vertigine.
Essa é caratterizzata da disturbi dell’equilibrio con vertigini oggettive durante particolari movimenti bruschi della testa attraverso i quali si produrrebbe una rotazione al proprio asse del canale semicircolare posteriore lungo un piano perpendicolare ad esso, scatenando un movimento anomalo degli otoliti.
La vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB) é stata per la prima volta descritta da Dix e Hallpike nel 1952 ed é caratterizzata da crisi di vertigine rotatoria in genere di tipo oggettiva, accompagnata da nistagmo parossistico e posizionale, scatenata da movimenti bruschi del capo.
La teoria della cupololitiasi e quella della canalolitiasi hanno spiegato i principi di base di questo particolare tipo di nistagmo.
La teoria della cupololitiasi si basa sul principio che alcuni detriti otoconiali siano aderenti alla cupola del canale semicircolare posteriore mentre la teoria della canalolitiasi ritiene che questi detriti fluttuino liberamente all’interno del lume del canale semicircolare.
La terapia della VPPB è basata sull’impiego di varie manovre liberatorie che hanno la caratteristica di non essere invasive e di essere ben tollerate dai pazienti.
La guarigione ottenuta dopo questi trattamenti oscilla tra il 60% e il 90% dei casi.

La sintomatologia, ad insorgenza improvvisa, è caratterizzata da:
* Violente vertigini rotatorie (oggettive) di brevissima durata (da qualche secondo a qualche minuto) scatenate dai movimenti del capo e del collo e del tronco
* Nistagmo (movimento involontario degli occhi) con caratteristiche particolari
* Tendenza alla recidiva
* Assenza di sintomi otologici e neurologici
* Presenza di sintomi neurovegetativi (nausea, conati di vomito, tachicardia) di breve durata
La diagnosi viene formulata, oltre che dalla tipica descrizione dei sintomi, anche da una manovra eseguita dallo specialista che evidenzia la presenza del tipico nystagmo (manovra diagnostica di Dix-Hallpike o di Semont).

Vertigini retrolabirintiche

Sono dovute a compromissioni del nervo vestibolare di natura infiammatoria, tumorale, tossica, ischemica, ecc.
Presentano i seguenti caratteri:

1) non sempre si manifestano sotto forma di crisi;
2) spesso non seguono di pari passo il nistagmo che può essere presente anche tra una crisi e 1’altra;
3) si possono associare a deviazioni che riguardano solo il lato colpito;
4) molto spesso c’è anche compromissione di altri nervi cranici (VII, V) e/o alterazioni tronco-encefaliche.

Le patologie in causa sono:

– neurinoma dell’acustico;
– nevriti virali (herpes, parotite, ecc.);
– neuropatie tossiche (antibiotici ototossici: streptomicina, gentamicina, ecc., derivati benzolici, ossido di carbonio, ecc.);
– neuropatie ischemiche (vasculopatie della branca vestibolare del-1’arteria uditiva interna);
– neuropatie in torso di meningiti (es.: meningite tubercolare).

Vertigini nucleari

Sono dovute a compromissione dei nuclei vestibolari.
Le affezioni responsabili possono essere:

a) infiammatorie, di solito virali;
b) vascolari;
c) traumatiche;
d) allergiche (soprattutto allergie alimentari: crostacei, uova, ecc.);
e) neoplastiche;
f) tossiche endogene (disendocrine, dismetaboliche, ecc.) od esogene (intossicazioni da anidride solforosa, ossido di carbonio, derivati benzolici, ecc.).

La sintomatologia vertiginosa è spesso la prima a manifestarsi in queste intossicazioni (cosiddette sindromi nucleo-tossiche).

Vertigini legate a compromissione nucleare possono anche costituire la prima manifestazione clinica di una sclerosi a placche.
Presentano i seguenti caratteri:

1) il nistagmo e monolaterale rotatorio puro, di 1 o II grado, oppure bilaterale ma prevalente dal lato leso;
2) le deviazioni segmentarie toniche risultano armoniche;
3) i segni audiologici sono incostanti ed aspecifici, evidenziabili a volte solo con prove particolari di audiometria vocale;
4) le prove vestibolari vanno da un’iper ad un’iporeflessia, mono o bilaterale, a seconda dell’estensione o del tipo, irritativo o distruttivo delle compromissioni.

Vertigini sopranucleari

Più che vertigini sono sensazioni soggettive di instabilità, di solito modeste, che insorgono per compromissione delle vie comprese tra i nuclei vestibolari e le aree vestibolari della corteccia cerebrale.
Le alterazioni possono dipendere da:

a) tumori estrinseci o intrinseci, primitivi o metastatici;
b) vasculopatie acute o croniche;
c) traumi;
d) ascessi cerebrali;
e) meningo encefaliti (soprattutto virali ma anche luetiche, batteriche ecc.).

I segni vestibolari oltre che disarmonici sono spesso parcellari: mancano spesso le deviazioni toniche che possono essere limitate ad uno spostamento verso 1’alto o verso il basso scarsamente apprezzabile.
I segni audiologici sono incostanti mentre numerosi sono i segni neurologici.
Un cenno a parte merita, fra le sindromi sopranucleari, la sindrome di Neri-Barre-Lieou.

La Sindrome di Lermoàez

Detta anche morbo di Raànaud labirintico, è dovuta ad angiospasmo della arteria uditiva interna che provoca ipoacusia ed acufeni. Le crisi vertiginose si verificano quando si ha la risoluzione dello spasmo per una brusca rivascolarizzazione del labirinto con conseguente miglioramento della funzione uditiva. Con il tempo si instaura un’ipoacusia sempre più grave di tipo neuro-sensoriale.

La Sindrome di Neri-Barre-Lieou

E’ stata attribuita ad irritazione del plesso simpatico dovuta ad artrosi o traumi cervicali con alterazione del flusso ematico delle arterie vertebrali, dei rami labirintici e bulbo-pontini e conseguente sofferenza delle strutture vestibolari con vertigini ed altri disturbi (oscuramento della vista, offuscamento della coscienza ecc.).


L’ARTICOLAZIONE TEMPORO MANDIBOLARE (ATM)

ACUFENI E DISTURBI DELL’ARTICOLAZIONE TEMPORO MANDIBOLARE

L’articolazione temporo mandibolare è il sistema di congiunzione tra la mandibola e il resto del cranio situato proprio di fronte all’orecchio.
Questa articolazione contiene un disco fibroso che la suddivide in due compartimenti.
Questo consente oltre che movimenti in senso verticale anche movimenti laterali, in avanti e indietro essenziali alla masticazione del cibo.
I muscoli mandibolari sono tra i più forti del nostro corpo e l’azione di notevoli forze la rende a rischio di problemi.

Infatti ad esempio il bruxismo (digrignare i denti), in numerosissimi casi notturno quindi non cosciente, può provocare una dislocazione del disco fibroso che come sintomi può dare oltre al dolore percepito intorno o nell’orecchio, mal di testa, dolore al collo, limitazione dei movimenti mandibolari e anche acufeni o peggioramento di un acufene pre-esistente.
In questo caso gli acufeni possono essere dovuti allo stato infiammatorio stesso, allo spasmo muscolare oppure all’abuso di farmaci anti-infiammatori assunti proprio per il problema articolare.
Nei primi due casi l’acufene migliora con il migliorare dello stato infiammatorio dell’ATM, nel caso dei farmaci invece migliora con l’interruzione della loro assunzione.
In ogni caso è consigliabile essere seguiti sia dal dentista che dall’audiologo o otorinolaringoiatra.
A volte può essere consigliato l’uso di un bite per rieducare i muscoli mandibolari a lavorare in modo corretto oppure un bite di uso notturno per ridurre gli effetti del bruxismo.
In ogni caso se si ha il sospetto che l’acufene posa essere collegato all’ATM consigliamo di rivolgersi al dentista per un controllo del corretto funzionamento di questa articolazione.

Un buon centro acufeni si deve avvalere della collaborazione di professionisti proponendo uno screening ATM ogni qual volta ci sia un sospetto di correlazione tra questa e gli acufeni di cui il paziente soffre.

La Classificazione delle ipoacusie

I deficit della funzione uditiva vengono definiti ipoacusie e dal punto di vista clinico-audiometrico vengono schematicamente in tre forme principali:

– Ipoacusie di trasmissione o conduzione;
– Ipoacusie neurosensoriali;
– Ipoacusie di tipo misto.

Questa distinzione tiene conto sia di come è fatto il sistema uditivo, sia dei compiti funzionali che ogni porzione svolge.

a) Le ipoacusie di trasmissione o trasmissive sono legate ad alterazioni di tipo malformativo, traumatico, e più spesso infiammatorio dell’apparato di trasmissione dei suoni

Le ipoacusie di trasmissione non determinano mai una diminuzione molto grave, il deficit in genere non supera i 50-55 dB in quanto rimane integro il sistema di percezione;

b) Le ipoacusie neurosensoriali sono dovute a cause che agiscono sull’apparato di percezione: organo del Corti, nervo acustico, centri e vie bulbo-ponto-mesencefaliche, aree uditive corticali, in armonia con i concetti di anatomia.
Le forme legate a lesioni dell’organo del Corti sono denominate più specificamente ipoacusie cocleari o recettive; quelle determinate da sofferenza del nervo acustico vengono definite radicolari o retrococleari.
Infine le lesioni con interessamento delle vie e dei centri bulbo-ponto-mesencefalicinonche delle aree corticali, sono denominate centrali.

Le neuro-sensoriali si possono distinguere in neuro-sensoriali cocleari e retrococleari a seconda che interessino la coclea od il nervo VIII.

c) Le ipoacusie di tipo misto sono legate a fattori che agiscono sull’apparato di trasmissione e su quello di percezione contemporaneamente o, e questa è l’evenienza più frequente, in tempi successivi.
Si tratta di eventi malformativi, distrofici, traumatici, flogistici.
La gravità della lesione, dal punto di vista del deficit uditivo, dipende in larga misura dalla maggiore o minore compromissione delle strutture neurosensoriali.

Il peso clinico e sociale che i vari tipi di ipoacusia vengono ad avere è ben differenziato.
Le ipoacusie di conduzione infatti, per la sede anatomica delle alterazioni che ne sono all’origine danno luogo, come si e visto, ad un deficit uditivo in genere non grave; non sono presenti distorsioni del segnale sonoro e in buona parte sono reversibili.

Nelle ipoacusie di tipo misto la gravità del deficit può essere senz’altro superiore in relazione alla minore o maggiore compromissione dell’apparato neuro-sensoriale; possono essere presenti variamente alterazioni anche qualitative della percezione sonora ed una maggiore tendenza alla stabilità o alla progressione clinica.

Sono comunque le ipoacusie percettive quelle che determinano la maggiore compromissione della sensibilità uditiva intesa sia dal punto di vista quantitativo che dal punto di vista della qualità dell’ascolto.

Infatti i deficit percettivi possono essere di entità varia ma raggiungere anche livelli estremi di sordità; le forme neurosensoriali d’altronde possono dar luogo a distorsioni di frequenza e di intensità; infine le ipoacusie centrali possono determinare gravi difficoltà nella comprensione e nella elaborazione concettuale-simbolica dei messaggi acustici significativi.

Intendiamo infine per cifosi la perdita uditiva totale da entrambi i lati e per anacusia la perdita uditiva totale monolaterale.

Le ipoacusie dell’adulto e le loro cause

Verranno qui elencate solo alcune delle molteplici cause di sordità.

Le cause delle ipoacusie dell’adulto vengono qui prese in considerazione facendo riferimento at tipo di deficit che esse determinano.

Ipoacusie trasmissive:

Determinano tale tipo di ipoacusia le flogosi stenosanti dell’orecchio esterno (foruncolosi, otite esterna, micosi), le formazioni massive di cerume nel condotto uditivo, le iperostosi, le aplasie ed i tumori del condotto, le flogosi acute e croniche dell’orecchio medio (otite media acuta catarrale e purulenta, otite media cronica catarrale semplice e adesiva, otite media purulenta cronica), l’otosclerosi o otospongiosi, i traumi dell’osso temporale (in genere fratture a decorso longitudinale).

Ipoacusie neuro-sensoriali cocleari:

Causano tale tipo di ipoacusia le cocleopatie o labirintopatie tossiche (in genere iatrogene), le labirintiti batteriche e virali, le labirintopatie vascolari improvvise e croniche, la malattia di Ménière, il trauma acustico acuto e cronico, i traumi della rocca petrosa (in genere fratture a decorso trasversale), le sordità genetiche (rare nell’adulto tranne quelle dominanti).

Ipoacusie di tipo misto:

Determinano tale tipo di ipoacusia l’otite media catarrale o purulenta cronica con interessamento labirintico secondario, le labirintopatie non gravi insorte su un orecchio precedentemente ma indipendentemente affetto da patologia dell’orecchio medio, l’otoscicrosi o otospongiosi in fase anatomo-patologica e clinica avanzata, alcune forme ereditarie associate, i traumi della rocca (in tenere fratture a decorso obliquo).

Ipoacusie di tipo neuro-sensoriale retro-cocleare:

Sono causa di tale tipo di ipoacusia le nevriti batteriche o virali dell’VIII, le neuropatie tossiche dell’VIII, il neurinoma dell’acustico, i tumori dell’angolo pontocerebellare (nei quali è frequente una compartecipazione “centrale”).

Ipoacusie di tipo centrale:

Sono quelle determinate da lesioni vascolari, neoplastiche, degenerative, traumatiche e, meno spesso, infettive, delle strutture uditive del tronco encefalico e delle aree uditive corticali.

Curve audiometriche

Le ipoacusie di trasmissione o conduttive sono caratterizzate da una curva aerea con un deficit pantonale, equilibrato su tutte le frequenze, oppure da una curva in salita verso i toni acuti o curva di rigidità.
Raramente pero, è possibile riscontrare una curva in discesa o curva di Rnassa con diminuzione della sensibilità uditiva maggiore sulle frequenze elevate.
In tutti e tre i casi, e questo è il dato audiometrico più saliente, la curva per via aerea e per via ossea decorrono separate; la curva per via ossea corre in modo normale, ravvicinata allo 0, la curva per via aerea, invece, decorre variamente distanziata.

Nei deficit percettivi la soglia uditiva può configurarsi in vario modo; in genere prevale la compromissione per le alte frequenze.
Il dato audiometrico di rilievo è il difetto della percezione ossea, pressoché identico al difetto della via aerea; le due soglie decorrono perciò sovrapposte o più o meno distanziate entrambe dalla linea della normalità.

Nelle ipoacusie di tipo misto si verifica una caduta sia della via aerea the della via ossea; la curva relativa a questa ultima non decorre però accostata a quella della via aerea come nelle ipoacusie di percezione, ma distanziata verso l’alto da questa, tanto più quanto è minore la compromissione dell’apparato di percezione.

Con il termine di riserva cocleare si intende esprimere il grado di funzionalità residua dell’orecchio interno nelle ipoacusie miste.
Questo grado di funzionalità neurosensoriale residua viene bene espresso, come abbiamo detto, dalla distanza della via ossea con la linea della normalità da una parte e con la soglia per via aerea dall’altra (gap uditivo) ed ha spesso particolare valore clinico (per es. indicazione chirurgica nell’otosclerosi).

Correlazioni fra curve percettive ed eziologia

Senza poter affermare che a ciascuna forma eziologia di ipoacusia neurosensoriale corrisponde un tipo ed un andamento particolare di curva audiometrica, si possono elencare comunque quelle che secondo un semplice computo statistico sono le più frequenti curve in relazione ai diversi quadri nosologici.

Non prendiamo in considerazione le varie forme di sordità infantile e i diversi tipi di curve ad esse relative, argomento che affronteremo.
Esaminiamo invece i quadri più frequenti nell’adulto.

Le ipoacusie di origine vascolare, improvvise o progressive, presentano una curva inclinata verso gli acuti, con pendenza più o meno accentuata a seconda dei casi; rare le forme orizzontali o addirittura in ascesa.

Nelle sordità da intossicazione, soprattutto nelle forme da farmaci, ad un primo interessamento quasi esclusivo delle frequenze più acute, si aggiunge ben presto un interessamento più o meno evidente dei toni bassi.

Una caduta a V, selettiva per alcune frequenze, in modo particolare 3.000 e 4.000 Hz caratteristica del trauma da rumore; nei casi di esposizione protratta in ambiente rumoroso, l’apice e la base della caduta a V, chiamata scotoma uditivo o dip, si allargano con interessamento di una gamma sempre più estesa di frequenze.

Nella presbiacusia, cioè nella sordità di tipo involutivo, legata all’età, la curva uditiva e dolcemente degradante verso le tonalità acute.

II quadro audiometrico della malattia di Menière non è uniforme, ma in genere il deficit uditivo è di tipo pantonale o a volte in lieve discesa verso gli acuti.
Nella prima fase, però, la malattia di Menière si comporta in modo del tutto caratteristico in quanto oltre ad essere “fluttuante” nel tempo, l’ipoacusia dimostra un interessamento maggiore per le basse frequenze, quindi è in salita verso gli acuti.

La via ossea, essendo il deficit di tipo cocleare, risulta abbassata.
Questo e un andamento del tutto transitorio che si riscontra, come si è detto, solo nelle prime fasi e per questo motivo viene definita ipoacusia di transizione.

I TIPI ED I LIVELLI DI SORDITA’

Dagli esami uditivi si è in grado di fare una diagnosi precisa di ipoacusia.
Per prima cosa bisogna sapere che a seconda della porzione dell’orecchio interessata l’ipoacusia prende nomi diversi e anche per quanto riguarda la gravità possiamo fare riferimento a tabelle codificate.

Una prima classificazione importante va fatta tra le ipoacusie trasmissive, neurosensoriali, miste e centrali.

Per trasmissiva si intende la diminuzione dell’uditivo dovuta al coinvolgimento dell’orecchio esterno o medio. In questi casi la via ossea è normale.
Queste ipoacusie possono essere mono o bilaterali e le cause possono essere

1. anomalie dell’orecchio esterno
2. otite catarrale
3. otite cronica
4. otosclerosi

Per neurosensoriale si intende una diminuzione dell’udito dovuta al coinvolgimento dell’orecchio interno.
Si definisce neurosensoriale cocleare se la problematica è a carico della coclea, retrococleare se a carico del nervo acustico.
In questo caso la via ossea segue la via aerea.

Le ipoacusie miste coinvolgono sia l’orecchio esterno o medio e l’orecchio interno.
Nel grafico audiometrico avremo quindi un coinvolgimento di entrambe le vie, aerea e ossea ma con una distanza tra le due, cioè la via ossea è meno coinvolta dell’aerea. Anche queste sordità possono essere sia mono che bilaterali.

È chiaro che la ricaduta sull’abilità del soggetto è decisamente meno grave se la problematica coinvolge un solo orecchio.

Le sordità centrali sono quelle causate da problematiche della corteccia uditiva in presenza spesso di una corretta funzionalità dell’orecchio.

Per quanto riguarda la gravità dell’ipoacusia si può far riferimento alla classificazione audiometrica delle perdite uditive indicata dal BIAP (Bureau International di Audiophonologie) nel 1997 come indicato qui sotto.

Classificazione BIAP 1997
(medicina legale, assicurativa e del lavoro)
Perdite uditive:

UDITO NORMALE o PRESSOCHÉ NORMALE < 20 DB
LIEVE 21 dB – 40 dB
MEDIA 1° grado: 41 dB – 55 dB – 2° grado: 56 dB – 70 dB
SEVERA o GRAVE 1° grado: 71 dB – 80 dB – 2° grado: 81 dB – 90 dB
PROFONDA 1° grado: 91 dB – 100 dB- 2° grado: 101 dB – 110 dB -3° grado: 111 dB – 119 dB
COFOSI (PERDITA TOTALE) = > 120 dB

La perdita media è calcolata facendo la media delle quattro frequenze 500 Hz, 1000 Hz, 2000 Hz e 4000 Hz

In caso di ipoacusia asimmetrica la perdita in dB viene moltiplicata per 7 sull’orecchio migliore e per 3 sull’orecchio peggiore, la somma viene divisa per 10


Disturbo e STRESS (pdf 305 Kb)

Rumore, Musica e STRESS (pdf 1374 Kb)

MALATTIE DELL’ORECCHIO ESTERNO (pdf 29 Kb)

La_Fisiopatologia_Vestibolare (pdf 505 Kb)

Depressione (pdf 25 Kb)

Farmaci Ototossici. (Ipoacusia – Iperacusia – Tinnitus – Acufeni)
Per ototossicità si intende la possibilità, come effetto collaterale del farmaco, di determinare lesioni all’orecchio, nel senso di un danno all’organo dell’udito o disturbi uditivi. (pdf 70 Kb).

Farmaci OtoTossici nel mercato americano (pdf 1546 Kb)

Antiossidanti:
Glutatione(pdf 23 Kb)
Acido Alfa Lipoico(pdf 95 Kb)